Piombo nel sangue: maxi risarcimento per il caso Flint
Seicentoventisei milioni di dollari per le vittime dell’acqua “avvelenata” di Flint, città del Michigan di 102mila abitanti a maggioranza afroamericana, situata 106 km a nord ovest di Detroit. La maggior parte della somma dovrà pagarla lo stato del Michigan, che il giudice federale ha ritenuto responsabile di aver ignorato i rischi derivanti dall’uso dell’acqua del fiume. “L’accordo raggiunto è un enorme successo per molte ragioni – ha spiegato nella sentenza il giudice del Michigan Judith Levy – una delle quali è che stabilisce un programma di risarcimento completo e coerente per ogni persona”.
Il disastro ambientale ebbe inizio nell’aprile 2014; il piombo dei vecchi tubi della rete idrica finì nel sangue di gran parte della popolazione. Molti cittadini iniziarono a star male, a perdere i capelli o a sviluppare gravi eruzioni cutanee su braccia e viso.
Per quale motivo quell’acqua non era buona e sicura? La città usava l’acqua del lago Huron, portata in città dall’azienda municipalizzata di Detroit. Ma dal 2013, per abbassare la spesa pubblica di diversi milioni di dollari, l’amministrazione di Flint decise di cambiare azienda fornitrice e di costruire nuove tubature per far arrivare alla città l’acqua del lago, chiudendo il contratto con la Detroit Water and Savarage Department. L’acqua sarebbe arrivata attraverso le nuove condotte della Karegnondi Water Authority, ma erano necessari almeno tre anni per terminare l’infrastruttura. Nell’attesa sarebbe servita una soluzione tampone. L’idea fu quella di utilizzare, provvisoriamente, l’acqua del fiume.
I problemi nacquero subito, non tanto per la potabilità dell’acqua quanto per le sue caratteristiche.
I cittadini, sempre più numerosi, denunciarono che dai rubinetti delle loro case arrivava acqua spesso maleodorante e dal colore blu o giallo. Le autorità pubbliche, però, rispondevano che tutto era in regola. Al contempo nell’ottobre 2014 una fabbrica della General Motors smise di utilizzare l’acqua del fiume perché rovinava i propri impianti. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Finché erano i cittadini ad arrabbiarsi, veniva consigliato loro – pensate un po’ – di far scorrere l’acqua per cinque minuti prima di utilizzarla. Di fronte alle proteste c’era un muro di gomma, ma con la rabbia delle imprese non si poteva troppo scherzare.
I cittadini non si diedero per vinti e affidarono il caso agli scienziati dell’agenzia governativa Nsf (National Science Foundation). Ne emerse che l’acqua del fiume era molto più corrosiva rispetto alla media e questo portava a un forte rilascio di piombo dei vecchi tubi del sistema idrico cittadino, determinando una grave contaminazione senza che vi fosse alcun intervento da parte delle autorità.
Dopo che lo scandalo venne alla luce l’acquedotto di Flint tornò a utilizzare l’acqua del lago (quella di Detroit), ma molti cittadini giustamente non si fidarono più delle autorità e decisero di usare solo acqua in bottiglia, sia per bere sia per cucinare e addirittura anche a lavarsi.
Lo scandalo dell’acqua inquinata ebbe anche uno strascico giudiziario, con nove persone finite sotto inchiesta. Tra queste c’era anche l’ex responsabile della Salute dello stato del Michigan, Nick Lyon, accusato di omicidio colposo e di non aver informato i cittadini su un’epidemia di legionella, anche quella scoppiata a causa dell’acqua malata. Novanta persone furono colpite dalla malattia, dodici persero la vita. Moltissime altre, bambini compresi, ebbero gravi problemi di salute.
Grave la responsabilità politica del governatore Rick Snyder (repubblicano), che informato del problema dal sindaco di Flint (e da varie associazioni) non si curò del problema e rispose che la legge federale “non regolamenta l’aspetto estetico dell’acqua”. Negò poi i fondi speciali chiesti dal primo cittadino di Flint per migliorare le infrastrutture.
Nella sentenza del giudice Levy, in cui si parla di “razzismo ambientale” (perché la maggior parte della città era ed è di colore), il governatore Snyder viene incriminato per aver ignorato gli allarmi e non aver tutelato la salute pubblica. A breve per lui e altre otto persone inizierà il processo: i cittadini che hanno firmato per chiedere gli indennizzi dovranno presentare i risultati degli esami medici da cui risultino i danni subiti.