Il bello delle elezioni di midterm negli Stati Uniti è che sono un eccezionale termometro politico, decisamente migliore dei sondaggi che, da decenni, ammorbano la politica di tutto l’Occidente. Perché un conto è “misurare la febbre” con le intenzioni di voto e il gradimento di questo o quel partito, o leader, altra cosa è eleggere parlamentari e governatori.

Chiamati alle urne circa 168 milioni di americani, con oltre 42 milioni che si sono avvalsi del voto anticipato o per posta, ammesso dalla maggioranza dei 50 Stati Usa (con le solite immancabili polemiche sul rischio brogli). Si vota per eleggere 435 seggi della Camera e un terzo di quelli del Senato, pari a 35 seggi, ma anche per scegliere i governatori di 36 stati oltre che per una serie di cariche elettive statali minori.

 

In gioco c’è il Congresso e la possibilità, per il presidente Biden, di poter incidere o meno nei prossimi due anni, se manterrà almeno il controllo del Senato. Se i democratici dovessero perdere la maggioranza in entrambe le camere sarebbe assai difficile per Biden portare a casa i principali dossier contenuti nella propria agenda politica. Solitamente, salvo rare eccezioni, il partito del presidente in carica viene punito dal voto di midterm. Di recente solo nel 1998 (quando Bill Clinton aveva un tasso di approvazione al 66%) e nel 2002 (con George W. Bush al 63%), il partito del presidente mantenne il controllo di Capitol Hill, conquistando un maggior numero di seggi.

Il tema principale che quest’anno smuove gli elettori è l’economia, non è una novità. Gli altri temi sono ugualmente importanti ma meno sentiti. Per un elettore su dieci il tema principale è la violenza e l’escalation del crimine mentre per uno su quindici è il diritto all’aborto da alcuni mesi messo in discussione dalla Corte Suprema e dalle spinte conservatrici dei movimenti pro-life.

Intendiamoci, anche se diviene “anatra zoppa“, come in gergo si indica il presidente che perde il controllo del Congresso, il suo potere rimane intatto. Le cose però si fanno più difficili. Inizierebbe una sorta di “coabitazione”, per usare un termine caro ai francesi e al loro sistema semipresidenziale. In passato un grande presidente come Ronald Reagan ha dimostrato di sapere fare molto bene anche con il Congresso ostile. Ovviamente la navigazione politica in questi casi è molto più difficile e il compromesso non è una possibilità ma una necessità.

Biden ha puntato tutto su un mantra. Questo voto serve per “difendere la democrazia”. Lo ha detto anche nell’ultimo appello lanciato in Maryland, nell’ultimo comizio prima delle elezioni. “Sappiamo visceralmente che la nostra democrazia è in pericolo, ma noi saremo all’appuntamento. Il potere in America è là dove è sempre stato: nelle vostre mani, le mani del popolo”. Trump, dal canto suo, sempre più vicino all’annuncio della propria candidatura per le presidenziali del 2024, torna all’attacco puntando il dito contro i media “corrotti” e il “socialista” Biden, accusato di aver devastato gli Stati Uniti.

 

Foto: Ansa

 

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