Fu il giornalista e scrittore statunitense Tom Wolfe a coniare nel 1970 il termine “radical chic”, ormai entrato nel lessico comune. Nel giugno di quell’ anno pubblicò sul New York Magazine un lungo articolo intitolato “Radical Chic, That Party at Lenny’s”, un resoconto al vetriolo del ricevimento che qualche mese prima la moglie del noto compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein aveva organizzato, nel suo elegante attico con vista su Park Avenue a Manhattan, per raccogliere fra i suoi amici del bel mondo fondi a sostegno del gruppo rivoluzionario di ispirazione marxista-leninista le “Pantere nere”.
Da allora è passato quasi mezzo secolo e tanta acqua sotto ai ponti; le Pantere, simbolo delle istanze di ribellione degli afroamericani, non ci sono più, ma i radical chic, questi “poveri” ricchi che cercano di comportarsi da gente con ideali di sinistra sempre pronti a sostenere una “giusta causa”, quelli sì che sono sempre vivi e lottano fra noi. Si adattano alle più diverse latitudini e alle più svariate situazioni ma il leit motiv é più o meno sempre lo stesso. Lotta dura e caviale senza paura. Pronti in ogni momento a imporre la propria presunta superiorità culturale e a dimostrare tutta la loro compassionevole bontà d’animo, i loro grandi ideali e le loro solide basi intellettuali (ed economiche).
In quanto élite disprezzano la tv, mezzo di massa per eccellenza, ma non disdegnano di apparirvi talvolta, se non altro per educare le masse e render partecipi noi povera plebe delle loro illustri opinioni. Capita così, non di rado, di imbattersi sui nostri teleschermi in illustri esponenti della categoria che danno vita a comici – se non fossero tragici – siparietti come quello avvenuto qualche giorno fà tra l’archistar milionario, ex sessantottino osannato dalla sinistra, Massimiliano Fuksas e il leader della Lega, Matteo Salvini. L’architetto romano, che ovviamente non può non essere un paladino della societa multietnica e multireligiosa, ha ribadito la necessità di costruire le moschee sul nostro territorio, spiegando di non avere paura degli islamici perché ha un guardiano marocchino che si prende cura della sua casa in campagna. Caspita che argomentazione! Un sillogismo aristotelico perfetto: siccome ho un guardiano marocchino e i marocchini sono musulmani quindi si devono costruire luoghi di culto per musulmani. Una priorità assoluta nell’agenda del nostro Paese.
E poi: l’unico marocchino che Fuksas doriana-massimiliano-fuksas-136843conosce è il suo guardiano? Perché mai, di grazia, non ha citato un architetto marocchino o ivoriano o siriano o proveniente da qualsiasi altra sfortunata parte del mondo, assunto nel suo prestigiosissimo studio? Forse perché non ce ne sono? Strana idea di “eguaglianza”. Ostentata e sottolineata in abbondanza ma, sembra di capire, relegata nei fatti ad un ruolo subalterno.
Chissà se nel loro appartamento nel centro storico di Roma, quarto e quinto piano di un edificio storico, Massimiliano Fuksas e signora si godono la magnifica vista della Basilica dei Fiorentini e di Castel Sant’Angelo intavolando proficue discussioni sulle sorti del mondo e la pericolosa deriva xenofoba della nostra società e offrendo tè allo zenzero rigorosamente proveniente da piantagioni equo solidali agli amici intellettuai serviti da un filippino in livrea. Il domestico marocchino è di guardia alla magione bucolica, non è che può far tutto lui, suvvia. E poi dovrà pur trovare il tempo di volgere la sua accorata preghiera verso La Mecca cinque volte al dì. Quel che è certo che ai Fuksas non costruiranno mai una moschea sotto casa, e chi se ne frega degli abitanti di altri quartieri che di immigrati musulmani sotto alle loro abitazioni ne hanno già in abbondanza e magari non smaniano per averne altri.
Come non la costruiranno neanche in quel di Place des Vosges, indirizzo parigino dei coniugi Fuksas, una delle più belle piazze della capitale francese situata nel cuore del Marais, non certo una banlieu insomma. E chissà se anche là le tartine al paté di foie gras vengono loro servite da domestici musulmani a cui si sentono così vicini nelle esigenze di culto.

+++++Breaking news++++La foto in coda è stata scattata in occasione della visita odierna – 2 marzo – del Premier al cantiere della Nuvola, il nuovo centro congressi progettato dall’architetto Fuksas a Roma. Vale la pena ricordare che il costo inizialmente previsto era di 275 milioni di euro, ma nel corso degli anni ha superato i 413 milioni di euro. Nel dicembre 2013 il Governo è intervenuto con la Legge di Stabilità per evitare lo stop ai lavori, con un prestito trentennale di 100 milioni che andasse a soccorrere il Comune di Roma, in difficoltà di bilancio. L’obiettivo era inaugurare la Nuvola in tempo per Expo 2015, ma anche questo obiettivo non è stato rispettato.

Vale anche la pena sottolineare che la borsa indossata per l’occasione dalla chicchissima signora Doriana Fuksae è una Birkin di Hèrmes in coccodrillo. Per la cronaca, e per chi fosse interessata, il prezzo si dovrebbe aggirare intorno ai 30/40 mila euro. Non esattamente economica, certo. Però volete mettere la soddisfazione di sfoggiare un tale gioiellino ad un charity party per la raccolta fondi a favore dei profughi?

 

Matteo Renzi visita il cantiere della "Nuvola" all'Eur

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