Il vicedirettore vicario del GiornaleNicola Porro, vi ha svelato i contenuti più interessanti di Confiteor – il libro-intervista dell’ex numero uno di Capitalia, Mediobanca e Generali  Cesare Geronzi – con una bellissima recensione. Il volume è stato presentato a Milano martedì scorso con una conferenza alla quale hanno partecipato, oltre al protagonista, anche due personaggi di primo piano della finanza italiana: l’Ingegner Carlo De Benedetti, presidente onorario del gruppo Cir e capo del gruppo Espresso-Repubblica, e il Professor Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo e uomo forte del patto di sindacato di Rcs, l’editore del Corriere. Wall & Street ha assistito all’avvenimento ed è in grado di raccontarvi nel dettaglio cos’hanno detto i due «grandi vecchi» della finanza italiana a proposito della storia del loro collega.

Questa volta non vi proponiamo un consiglio per investire o per risparmiare ma vi raccontiamo, con le parole dei protagonisti, cosa c’è dietro quelle cifre e quei numeri che ogni giorno cerchiamo di spiegarvi, come funziona (nel bene e nel male) la macchina della finanza (e a volte della politica) di casa nostra.

Ecco che cosa ha detto  De Benedetti:

Banchieri all’italiana

«Né Geronzi né Bazoli sono veri banchieri, ma power broker (mediatori di potere, superlobbysti; ndr). Geronzi almeno ha fatto il direttore di banca. Bazoli sta lì perché l’ha voluto Beniamino Andreatta (ex ministro finanziario della sinistra Dc nonché mentore di Romano Prodi; ndr) ma non sa cosa sia una banca!».

Un ragazzo di nome Corrado

«L’espressione “banchiere di sistema” l’ha inventata Corrado Passera ma in realtà non esistono, ci sono invece  i power broker. A proposito di Passera, quand’era giovane non era riuscito a superare l’esame per diventare partner di McKinsey e così Roger Abravanel (l’ex capo della società di consulenza; ndr) me l’ha presentato e l’ho assunto in Mondadori (di cui De Benedetti in passato è stato presidente; ndr), poi s’è inventato banchiere di sistema con il salvataggio di Alitalia».

Non esistono nemici

«Geronzi, per esercitare la sua vocazione di power broker, voleva l’amicizia della stampa, non solo di quella a lui favorevole, ma soprattutto dei giornali più ostili. Una volta è venuto da me in ambasce Valentino Parlato (il fondatore del quotidiano comunista il Manifesto; ndr) perché, trasferitosi Geronzi a Milano, temeva per il finanziamento che aveva concesso al suo quotidiano e che gli avrebbe garantito la sopravvivenza. “Abbiamo chiuso!”, mi disse. E come responsabile della comunicazione della Banca di Roma non scelse una persona qualsiasi, ma Eraldo Gaffino, il caporedattore economia della Repubblica, un giornale che non gli era certo amico. Un giornale che lui aveva finanziato quando ancora non ne ero proprietario concedendo fiducia a Eugenio Scalfari e a Carlo Caracciolo, che già avevano spolpato la Comit del povero Francesco Cingano (ex numero uno della Banca Commerciale e poi presidente di Mediobanca; ndr)».

Carciofi a peso d’oro

«Geronzi ha preso carciofi come la Cassa di Risparmio di Roma, il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito e il Banco di Sicilia, che si è fatto valorizzare 14 miliardi di euro, 28mila miliardi di vecchie lire fondendoli in Capitalia e poi rivendendoli a Unicredit».

La vocazione di una vita: il power broker

«Ma l’unica cosa che Geronzi voleva fare era il power broker. A Roma la sua attività era un po’ di serie B perché l’unico tuo interlocutore finanziario era Francesco Gaetano Caltagirone. Una volta conclusa la fusione con Unicredit, ha fatto di tutto per arrivare a Milano e seguire la sua vocazione. Io non ho mai avuto amicizia con Marco Tronchetti Provera, penso che abbia distrutto la Pirelli per comprare Telecom, una distruzione di ricchezza da primato. Geronzi mi chiamò per organizzare una colazione allo scopo di riappacificarci, ma ne siamo usciti in pieno disaccordo come al solito. A Geronzi però non interessava l’obiettivo, ma solo essere considerato come l’unico uomo che fosse riuscito a far sedere De Benedetti e Tronchetti allo stesso tavolo. Al Corriere è riuscito persino a convincere Giovanni Bazoli di essere il vero designatore di Ferruccio de Bortoli alla direzione…»

Wall & Street 

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