Esperti di commercio internazionale, segretarie e professionisti dell’Information Technology. Questi sono i tre profili più ricercati dalle aziende secondo una ricerca condotta di recente da ManpowerGroup, società specializzata nei servizi di collocamento. L’indagine, effettuata nel primo trimestre 2013, ha coinvolto circa 40.000 aziende in 42 Paesi e ha rivela che oltre il 35% (la percentuale più alta da quando è in atto la recessione) delle imprese a livello globale dichiarano difficoltà a reperire sul mercato figure professionali qualificate soprattutto in ambito commerciale e  vendite, ma anche ingegneri e operai. Chi ha seguito i nostri consigli per trovare lavoro a 18 anni , a 25 anni  e a 50 anni sa già come orientarsi, ma deve prendere coscienza che il mercato chiede questo tipo di competenze.

2012 – 2013 a confronto

I 10 profili più difficili da trovare in Italia nel 2012: I 10 profili più difficili da trovare in Italia nel 2013:
Profili specializzati nel commercio internazionale Profili specializzati nel commercio internazionale
Segretarie, Assistenti di Direzione, Assistenti amministrativi e personale di back office Segretarie, Assistenti di Direzione, Assistenti amministrativi e personale di back office
Tecnici specializzati Professionisti IT
Autisti Tecnici specializzati
Operatori di Produzione Professionisti nel settore Contabilità e Finanza
Personale addetto alla ristorazione e personale alberghiero Sales Managers
Professionisti nel settore Contabilità e Finanza Ingegneri
Addetti alle Vendite Autisti
Operai meccanici Operatori di macchine
Professionisti nel settore acquisti gestione commesse

I primi 10 profili più ricercati sono professionisti in ambito amministrativo e back office, IT, contabilità, finanza e vendite a testimonianza di come, anche le figure più tradizionali, necessitino di un adeguamento delle competenze tecniche e trasversali ad un contesto lavorativo sempre più tecnologico e caratterizzato dalla forte connettività. In coda alla classifica troviamo ancora figure specializzate in ambito ingegneristico, ma anche autisti e operatori di macchine automatiche. Il decimo posto è occupato dai profili che operano in ambito procurement a conferma di come la crescente internazionalizzazione dei mercati determini l’esigenza di ripensare i profili dedicati agli acquisti, secondo logiche più moderne e in linea con gli standard globali.

I risultati dell’indagine italiana sono piuttosto allineati con il dato europeo, ed evidenziano una maggiore reperibilità delle professionalità richieste rispetto all’anno precedente a causa della più ampia disponibilità di talenti per il crescere della disoccupazione.
C’è anche un dato negativo. Le  tre principali ragioni addotte dalle aziende come cause principali della difficoltà di reperimento delle risorse evidenziano un deciso peggioramento rispetto all’anno. In particolare, le imprese lamentano la mancanza di:

  1. competenze tecniche
  2. esperienza
  3. competenze trasversali 

«Il dato più rilevante è che circa la metà del campione ha rintracciato nell’assenza delle giuste  professionalità la criticità che incide in maniera determinante sull’efficienza ed efficacia organizzativa. Quest’ultimo aspetto ha ricadute soprattutto nella capacità di seguire i clienti, di generare valore competitivo e di sviluppare innovazione e creatività», ha commentato Stefano Scabbio, amministratore delegato di ManpowerGroup Italia ed Iberia.

La crisi, però, ha capovolto il caposaldo della legge della domanda e dell’offerta. Se vi è scarsità di un bene (in questo caso il talento), si presume che il suo prezzo cresca. E invece no: le aziende cercano di fare scouting per trovare «gioiellini» a basso costo, un po’ come fanno le nostre squadre di calcio che non possono più permettersi di competere con Bayern Monaco, Barcellona e Manchester United.

Nel 44% dei casi, rivela ManpowerGroup, si agisce sulle politiche di gestione delle risorse umane: formazione in primis, ma anche azioni mirate all’individuazione e sviluppo del potenziale, piuttosto che interventi sulle politiche retributive. Il 22% delle aziende, invece, insiste sui modelli lavorativi: come ad esempio tracciare e monitorare lo sviluppo di giovani talenti, preparare piani di successione e più in generale l’impianto della flessibilità dell’organizzazione (part-time, lavoro virtuale, ecc.). Infine, nel 19% dei casi ci si affida alle tecniche di talent sourcing: individuare bacini di reclutamento poco sfruttati, incentivare l’attrazione dei giovani talenti così come di candidati provenienti da altre geografie. Una tendenza particolarmente interessante in tal senso è quella di individuare profili di alto potenziale sui quali investire, anche in assenza delle competenze necessarie. In questo risulta fondamentale l’intersezione con azioni di sviluppo delle relazioni con il mondo della formazione (scuole e Università).

La ricerca di ManpowerGroup evidenzia non solo la difficoltà nel reperire i profili professionali adeguati, ma anche l’impossibilità di giocare sulla leva della remunerazione per aggiudicarsi (o invogliare) i migliori talenti. Ed è su questo argomentazione che si è concentrata l’analisi di Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group che ha individuato tre priorità.  La prima è la riduzione del costo del lavoro, decisiva perché meno prelievo fiscale significa più respiro per le imprese e più reddito disponibile per i dipendenti. La seconda priorità è costituita dalle politiche attive: non solo permettono di dare un reddito a chi non lo ha, aiutando a ritrovare un posto di lavoro, ma, con il supporto alla ricollocazione, sarà più facile costruire un patrimonio di persone che lavorano, soprattutto giovani. La terza priorità è perseguire un migliore funzionamento del mercato del lavoro, rimuovendo ulteriormente i vincoli alla flessibilità.

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