L’80% delle società finanziarie non bancarie attive in Italia rischia di uscire dal mercato in seguito all’andamento negativo dell’economia e, soprattutto, in seguito alle novità introdotte dal Decreto Legislativo 141/2010. Si tratta della nuova disciplina del credito al consumo che da un lato estende i diritti dei consumatori (recesso, rimborso anticipato) e dall’altro lato amplia i doveri delle società finanziarie che, sotto la vigilanza di Bankitalia, sono obbligate a una maggiore trasparenza, al rispetto dei requisiti di onorabilità e, soprattutto, al mantenimento di soglie determinate di solidità patrimoniale.

Lo studio condotto da Sestante Culturae, associazione culturale costituita per studiare le trasformazioni in atto nell’intermediazione finanziaria, ha analizzato i bilanci 2011 di oltre 500 società finanziarie che operano nel leasing, nel factoring, nel credito al consumo e nell’erogazione di finanziamenti.Le imprese oggetto dello studio hanno servito nel 2011 500 mila clienti con un organico di 17.500 dipendenti.

La normativa secondaria, in corso di elaborazione da Banca d’Italia, introdurrà requisiti organizzativi, amministrativi e patrimoniali più stringenti che, tra l’altro, si tradurranno in un incremento medio dei costi a carico delle società. A seconda delle dimensioni e della struttura organizzativa, l’incremento potrà variare da decine a centinaia di migliaia di euro all’anno, comprimendo i margini di imprese già penalizzate dalle difficoltà nel funding e dalla diminuzione dell’attività creditizia.

Nel 2011 le 547 società analizzate hanno complessivamente conseguito ricavi per 13,8 miliardi di euro in seguito all’erogazione di finanziamenti per circa 200 miliardi di euro, per due terzi concessi a imprese e per il restante terzo a privati.
Dall’analisi del conto economico è emerso che:

  • 133 società hanno un Ebitda negativo;
  • 220 hanno registrato un Ebitda inferiore al 30%;
  • solo 194 aziende presentano un Ebitda superiore al 30%, ritenuto minimo per una gestione profittevole.

La prossima applicazione del decreto rischia di avere un effetto esiziale per molte società. La normativa secondaria che Banca d’Italia sta per emanare impone nuovi requisiti organizzativi, amministrativi e patrimoniali secondo un principio di proporzionalità. L’accesso al mercato sarà inoltre limitato dall’introduzione di un capitale minimo di due milioni di euro (rispetto agli attuali 600 mila euro) per ottenere l’autorizzazione all’attività di concessione di finanziamenti.

Simulando gli effetti della normativa sul conto economico delle oltre 500 società, la ricerca di Sestante Culturae ha concluso che solo una su cinque avrà i numeri per restare sul mercato. I nuovi requisiti impongono a ogni azienda, di fatto, livelli di ricavo non inferiori a dieci milioni di euro all’anno. Al di sotto di questa soglia, le società saranno costrette a sforzi straordinari (fusioni, riduzione dei costi attraverso esternalizzazione dei servizi, forte incremento dell’attività creditizia) per poter ottenere livelli di profittabilità sufficienti o, come ultima ratio, a definire una exit strategy.

«I princìpi che hanno ispirato ildecreto sono sostanzialmente condivisibili perché impongono obiettivi di trasparenza e stabilità a garanzia del mercato», ha dichiarato Mario Basilico, direttore di Sestante Culturae. «D’altra parte – aggiunge – il trend già in atto evidenzia una naturale riduzione del numero di operatori. Molti altri saranno indotti a valutare, in alternativa all’uscita dal mercato, ipotesi di aggregazione per raggiungere livelli dimensionali adeguati».

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