Tra pochi giorni i ragazzi italiani freschi di maturità si misureranno con i test di ingresso che aprono l’accesso all’università e al corso di studio di loro interesse. Chiediamo allora ad Anna Zanardi – psicologa esperta in organizzazione, board advisor e consulente di “Valore D” – tutte le cose da sapere per superare le prove di ammissione.  Con questa intervista Wall & Street intende arricchire la galleria di esperti che sta interpellando a corredo della guida pratica per trovare lavoro a 18 anni al termine delle scuole superiori, ai neolaureati di 25 anni e agli over 50 che sono stati licenziati dalla crisi. Nell’ambito della stessa abbiamo già analizzato: le facoltà che offrono maggiori possibilità di trovare un impiego; le dieci professioni più ricercate d’Italia, come creare un’azienda di successo,  come scegliere il percorso di studi più adatto e come affrontare il primo colloquio in azienda.
Dottoressa Zanardi, un giovane come può avvicinarsi al meglio ai test di ammissione delle facoltà a numero chiuso?

«Con la sensazione di essersi preparato al meglio; sapere di sapere è il miglior stato d’animo per affrontare con alte probabilità di successo il test. Vi sono molti modi per raggiungere questo stato d’animo, non ultimo il dedicare il giusto tempo a prepararsi con libri o frequentando corsi apposta concepiti a questo scopo e prendendosi tempo specificatamente dedicato alla studio delle domande a cui si verrà sottoposti. Vi è ormai ampia letteratura in merito, oltre ad appositi enti che organizzano questo tipo di corsi preparatori».

 

Con quale logica sono di norma concepite le prove?

«Le domande spaziano in maniera molto estensiva; si va dalla cosiddetta cultura generale e quella più specifica rispetto al campo di studio che si è scelto. Vi sono domande su banali nozioni studiate al liceo fino a domande inerenti processi di pensiero complesso e domande a cui la risposta non può essere definita se non in base a esperienze personali. Per questo è importante non lasciare al caso la preparazione, ma usare i test degli anni passati e provarne il più possibile, seguendo la storicità di quelli già avvenuti precedentemente presso le varie università».

 

Un ragazzo quanti test dovrebbe tentare, così da avere una seconda scelta pronta in caso di insuccesso?

«Spesso le date presso i vari atenei coincidono proprio perché si vuole evitare che lo stesso studente “occupi” posti diversi contemporaneamente. In realtà sceglierei il test a cui andare in base all’interesse più forte e verificherei le date dei test non concomitanti, cercando di dare una priorità fra quelli che più si avvicinano all’interesse maggiore. Più alto il numero dei test ai quali si partecipa, maggiore sarà la possibilità di entrare ad un primo anno e portarsi avanti con gli esami, al limite se la scelta non è ottimale si può sempre chiedere il trasferimento al secondo anno in altra facoltà, senza però aver perso tempo e facendosi riconoscere gli esami sostenuti nel corso del primo anno. Per facoltà affini gli esami del primo anno sono spesso riconosciuti».

 

Quanto sono efficaci i testi che simulano le prove?

«Molto.  Si basano su esperienza empirica e sulla storicità degli anni precedenti. Quindi sono altamente significativi e rappresentano un’ottima base di preparazione».

 

Quali sono le domande che “pesano” di più in termini di punteggio?

«Dipende da ateneo ad ateneo e da facoltà a facoltà».

 

Ci sono facoltà in cui è consigliabile concentrare il ripasso su nozioni di cultura generale e altre nelle quali è invece meglio puntare su una preparazione specifica?

«Che io sappia la costruzione delle varie sezioni dei test d’ammissione è comune a tutte le facoltà e bilanciata fra cultura generale e domande specifiche di materia, quindi  il “format” non si differenzia da specifica facoltà a specifica facoltà, i contenuti invece si».

 

E’ importante aver raggiunto un buon risultato alla maturità?

«E’ importante aver sviluppato una competenza in termini di processo di pensiero e metodologia di studio. Spesso i risultati della maturità dipendono da condizioni volatili, puntuali  e soggettive, mentre la capacità di sviluppare pensiero si ottiene nel corso degli anni e serve per il resto della propria vita, non solo per gli studi universitari, ma anche per il problem solving necessario ad ogni professione futura».

 

E’ preferibile omettere le risposte che non si conoscono o tentare comunque la sorte? I test sono valutati in automatico dal computer o c’è un intervento umano?

«Generalmente i test vengono elaborati da un programma informatico e, in caso di incertezza, piuttosto che lasciare in bianco, è meglio tentare. Le probabilità sono sempre al 50% e un pizzico di fortuna di solito aiuta gli audaci, come si suol dire. E’ importante leggere sempre molto attentamente le istruzioni di compilazione; indicano anche se risposte sbagliate tolgono punti. Solo in questo caso è meglio non tentare».

 

Un ragazzo può gestire dal punto di vista emotivo la variabile tempo?

«Il tempo non è solo una convenzione, ma uno stato d’animo. Quando sei in un luogo in cui ti diverti, il tempo passa veloce; quando sei in una situazione noiosa 5 minuti sembrano un’eternità. Quindi consapevoli che il nostro stato d’ansia ci consente di utilizzare al meglio il tempo dato o renderlo inutilizzabile, concentriamoci sulla respirazione, manteniamo la calma i primi minuti e poi tutto il resto fluirà al meglio. Essere presenti a se stessi e ammettere la propria paura di fallire, ci rende più capaci di resistere alla difficoltà e gestirla dando il meglio di noi».

 

Dal punto di vista statistico, nelle prove di selezione primeggiano i ragazzi o le ragazze?

«Le ragazze non solo ottengono migliori risultati in minor tempo, ma anche concludono più spesso dei ragazzi gli studi e con voti migliori. Almeno queste sono le ultime statistiche dell’anno scorso. Possono sempre cambiare quelle del prossimo anno.Quindi in bocca al lupo a tutti. Concludendo aggiungo un’altra curiosità statistica: da una ricerca Condotta da “Valore D” emerge che generalmente le ragazze scelgono atenei situati vicino il proprio luogo di residenza mentre i ragazzi sono disposti a abbandonare i propri luoghi con maggiore facilità».

Wall & Street

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