Eccolo qui il protagonista politico dell’ultimo weekend: Matteo Renzi. La sua convention organizzata alla Stazione Leopolda di Firenze  ha avuto un’ampia copertura mediatica. E dunque si sono analizzate persino le virgole nelle frasi pronunciate dal sindaco fiorentino e aspirante segretario del Pd. C’è qualcosa, però, che ha attirato ancor più la nostra attenzione rispetto alle dichiarazioni di intenti comuni a ogni politico che voglia conquistare il proscenio. L’utilizzo massivo dei brand e delle icone. Come si vede nella foto qui sopra Renzi, accanto alla bella deputata Maria Elena Boschi, fa sfoggio di un MacBook Air, il noto portatile della Apple.

Sì, è vero non è una novita che i politici facciano uso di oggetti culto. Lo stesso Renzi molto spesso si è fatto immortalare con l‘iPhone così come il presidente Usa Barack Obama.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla Leopolda sia quest’anno che gli anni scorsi hanno fatto bella mostra di sé oggetti di culto dell’«Italian style» come il frigorifero Smeg o la Vespa. Il messaggio politico, in un certo senso, è stato veicolato anche tramite oggetti della contemporaneità, icone, brand. Mancava solo un barattolone di Nutella giusto per far vedere che il sindaco di Firenze indugia in peccati di gola come l’italiano medio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eppure non è una novità assoluta questa svolta «modernista» del renzismo. Basti pensare agli accessori di marca usati da alcuni protagonisti della politica come le cravatte di Marinella di Silvio Berlusconi o le scarpe Church’s di Massimo D’Alema.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco perché è utile comprendere se il successo nella comunicazione (e nella politica) sia anche una questione di brand. Oppure se la scelta di affidarsi a marchi molto noti per acquisire ancora maggiore visibilità possa configurarsi come un autogoal perché la forza di quel marchio potrebbe «annacquare» il messaggio facendolo passare in secondo piano. Per dare una risposta Wall & street ha interpellato due esperti: Giampaolo Rossi, direttore generale di Adexia, top trainer esperto di comunicazione e leadership, e Giulio Ceppi, titolare di Totaltool, architetto, designer e futurologo.

Giampaolo Rossi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Ceppi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla Leopolda Renzi si è fatto immortalare con un bel MacBook Air e nelle sue scenografie (anche in anni passati) sono comparsi oggetti di culto come il frigorifero Smeg e la Vespa. L’uso dei brand rafforza la comunicazione o se il contenuto è debole, ci si affida a un marchio conosciuto?

Rossi: «Utilizzare prodotti e marchi conosciuti è utile per sfruttare la loro forza comunicativa ed il significato che hanno nell’immaginario collettivo. Nello specifico il frigorifero Smeg e la Vespa sono prodotti che ci riportano negli anni’50, gli anni del grande sviluppo economico, di incremento occupazionale e di grande opportunità per tutti. In questo modo il meta-messaggio che invia Renzi al potenziale elettore è “Se mi votate io vi porterò nei nuovi anni 50”».

Ceppi: «Credo sia un meccanismo motivazionale del marketing più elementare e noto a tutti il fatto  che chiunque abbini la propria persona ad un marchio vincente e celebrato, vuole essere a sua volta vincente e celebrato. la nostra società si bea sull’emulazione dei modelli/marche vincenti. Apple, Smeg, Vespa sono appunto oggetti di culto, icone del moderno, note e rassicuranti, che tutti conoscono e riconoscono. Mi sembra chiara la volontà di un politico di affiancarsi a tali marchi, per diventare simile agli stessi. Purtroppo per Renzi credo che emulare il successo di tali prodotti non sia così facile, dato che bisogna prima davvero rompere degli schemi, cambiare profondamente le regole del mercato per diventarne poi un classico, come Vespa e Apple hanno certamente saputo fare…».

La comunicazione politica generalmente usa il brand dei partiti. Gli unici ad essere usciti fuori dagli schemi sono Berlusconi con i completi Caraceni e le cravatte Marinella e D’Alema con le sue contestate scarpe Church’s. Ma si tratta di abbigliamento. Un segno distintivo? O una barriera non verbale alla comunicazione verbale?

Rossi: «Silvio Berlusconi è stato il primo ad intuire che la crisi delle grandi ideologie stava indebolendo l’identità dei partiti e che gli elettori preferivano riconoscersi nelle leadership delle persone. In questo scenario gli elementi estetici dell’abbigliamento diventavano dei fattori distintivi della persona e della leadership. Le Church’s di D’Alema non hanno funzionato perché essendo un prodotto elitario e snob non erano coerenti con l’immagine del partito da cui proveniva».

Ceppi: «Non credo che nessuno pensi più oggi in politica che “l’abito fa il monaco”: nemmeno le cravatte o i fazzoletti verdi dei leghisti, piuttosto che le sciarpe di cashmere di Bertinotti o la pipa di Pertini (per parlare di stilemi del passato) credo abbiano mai cambiato i destini della politica italiana. Non sono più certo  tempi di divise e stilemi condivisi, e la moda è un fatto troppo personale ed individualistico: avere una cravatta Marinella non vuol dire essere necessariamente berlusconiani o mettere una camicia bianca significa essere Renziani. Purtroppo credo che nella politica i valori i gioco sono oramai talmente bassi e poco credibili, che nemmeno la moda riesce ad essere significativa e valoriale come invece è nella quotidianità e fuori dal Parlamento. Non credo che nemmeno la famosa bandana di Berlusconi di qualche estate fa andrebbe mai all’asta per decine di migliaia di euro come accadde per un reggiseno di Marylin Monroe, onestamente parlando».

Usare un oggetto molto noto, un’«icona» (vedi Obama con il suo iPhone) è un mezzo per avere successo? E lo stesso utilizzo di questi oggetti può definirsi una misura del successo? O piuttosto è un modo per avvicinare definiti target di mercato inviando il classico messaggio «Io sono come voi»?

Rossi: «Far vedere che si utilizzano prodotti Apple è utile per comunicare due concetti forti. Il primo è di essere al passo con i tempi, usare gli ultimi prodotti tecnologici e quindi essere un leader moderno che sa interpretare il presente. Il secondo, come ho anticipato, è di fare proprio il significato che quei prodotti rappresentano. In modo particolare la filosofia di Apple è “Think different” e quindi Obama, così come Renzi che l’ha copiato con il MacBook, vogliono comunicare di pensarla diversamente dagli altri e di essere agenti del cambiamento».

Ceppi: «Non credo che il successo di un politico si misuri dagli accessori o dall’abbigliamento: vale semmai la strategia contraria, ovvero che l’adozione di oggetti comuni e marche riconoscibili lo renda invece più umano e quotidiano, vicino appunto alla gente. Il successo sta nella vicinanza agli elettori e nella proiezione di questi ultimi sul politico, quanto nell’emularlo nell’uso di certo oggetti, e viceversa. Nel cinema si parla di product placement, ovvero di strategie promozionali e pubblicitarie che passano attraverso la comparsa di oggetti e merce riconoscibili in film e programmi tv: il Parlamento è sempre più vicino a Bollywood forse».

Renzi, allora, potrebbe aver fatto un autogoal tagliando fuori dalla sua comunicazione gli utenti dei sistemi Windows?

Rossi: «Renzi non ha fatto autogoal in quanto i sistemi Windows non identificano una comunità come l’universo Apple. Piuttosto dovrebbe interrogarsi sul fatto che dopo la morte di Steve Jobs il marchio Apple inizia ad indebolirsi e che il sistema Android potrebbe comunicare meglio le idee di cambiamento, di apertura e condivisione».

Ceppi: «Non credo proprio. Importante è mostrarsi interessati ad un argomento, in questo caso alla questione tecnologica e mediatica: parafrasando con il calcio, direi che affermando che non si è tifosi di nessuna squadra di calcio si deludono tutte le tifoserie, scegliendone una (in questo momento la più popolare) si entra comunque in gioco e si anima il dibattito. Normale che Renzi che punta ai giovani, che vuole essere fresco ed informale, pulito e friendly, abbia scelto Mac… E poi tutti sanno che oramai i sistemi sono fortemente compatibili!».

Wall & Street

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