«L’Italia? Meglio lasciar perdere». Dev’esser il ragionamento che Alison Deighton, moglie del segretario britannico al Tesoro e il petroliere Ian Taylor stanno facendo in questi giorni. Nel 2008 per circa 5,8 milioni di euro hanno acquistato 30 ettari di terreno per costruire un resort – l’Oasi Sarparea (il rendering è in basso) – a Nardò, in provincia di Lecce. Un investimento da 70 milioni con un progetto architettonico che avrebbe consentito all’insediamento di compenetrarsi perfettamente nell’uliveto che lo circonda.

Se l’Italia fosse un Paese normale, probabilmente la struttura turistica avrebbe già visto la luce. Invece da oltre cinque anni i progetti sono bloccati alla Regione Puglia tra richieste di pareri, valutazioni ambientali e ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Per i tecnici del governatore Nichi Vendola il pericolo è l’espianto degli ulivi che, in realtà, il progetto originale prevede di lasciare al loro posto così come sono. Ma tant’è. Di 70 milioni di investimenti e un centinaio di posti di lavoro il Salento, con la disoccupazione giovanile oltre il 50%, può benissimo fare a meno.

E poi questi inglesi perché mai vorranno insistere con la Puglia? Non ne hanno già avuto abbastanza con il rigassificatore di Brindisi? Undici anni di tira e molla con la Regione e con gli ambientalisti tanto cari a Nichi. Un calvario alla fine del quale British Gas s’è ritirata in buon ordine dopo aver buttato 250 milioni. I mille posti di lavoro che sarebbero arrivati? Basta solo trovare la narrazione giusta per trovare un giustificativo qualunque.

L’ostilità agli stranieri, ben inteso, non è una prerogativa solo pugliese. Basti pensare, come ha reso noto il Censis, che dal 2007 al 2013 gli investimenti diretti esteri in Italia sono crollati del 58% a 12,4 miliardi di euro. Colpa della crisi, certo, ma gli italiani hanno fatto di tutto per rendersi «antipatici». Fisco esoso, burocrazia ciclopica e tempi della giustizia biblici hanno deviato i capitali dalla nostra nazione. Se il governo non fosse intervenuto, la Qatar Foundation avrebbe abbandonato la realizzazione del nuovo ospedale di Olbia con annesso centro di ricerca (progetto da 1,2 miliardi), messa a rischio dai tentennamenti della Regione. E se la Toscana non avesse insistito, Siena avrebbe rischiato di perdere, dopo oltre quarant’anni, il centro di ricerche della Novartis. Al ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, va invece dato atto di aver chiuso bene la vertenza Micron Technology (semiconduttori) recuperando, tra l’altro, 170 posti di lavoro con il coinvolgimento dell’italiana Stm.

 

 

Ma è chiaro che il secondo Paese europeo per industria manifatturiera non può limitarsi alle soluzioni tampone. Se dal 2008 al 2011 oltre 850 aziende hanno abbandonato l’Italia un motivo c’è. E non è solo in una pressione fiscale che raggiunge il 68% del reddito prodotto dalle aziende tra Ires, Irap e amenità varie. C’è la giungla dei permessi che scoraggia anche i più volenterosi. Ad esempio, la società Whieldon Ross Stacey, titolare di un albergo nei pressi di Bellagio, ha impiegato due anni per ottenere un permesso di ampliamento della struttura.

Da alcuni mesi il governo di Matteo Renzi sta lavorando al progetto «Invest in Italy», una nuova struttura che accorpi le competenze di Ice e Invitalia e favorisca l’attrazione degli investimenti diretti esteri. Titolare del dossier è proprio il ministro Guidi. Non basteranno i soliti roadshow per promuovere il Bel Paese. Servono certezze sull’abbattimento dei tempi dei vari iter burocratici (a partire dalle Conferenze dei servizi) e della giustizia civile. Renzi ci ha pensato. Per convincere i tanti Alison Deighton e Ian Taylor a restare in Salento, però, è tardi.

Wall & Street

Tag: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,