Belén

La difesa della propria privacy prevale anche sui contratti pubblicitari che generalmente consistono in una cessione dei diritti d’immagine tramite foto e video. La sentenza 1748 del 29 gennaio 2016 della Corte di Cassazione ha, infatti, affrontato la tematica dell’utilizzo a fini pubblicitari di fotografie, senza il consenso dell’interessato. Il principio che ne è derivato è che la divulgazione dell’immagine, senza il consenso, è lecita soltanto qualora sia connessa ad esigenze di pubblica informazione, tra cui non possono essere ricomprese le finalità pubblicitarie. Insomma, se una modella o un calciatore firmano un contratto pubblicitario e diventano protagonisti di una campagna, possono sempre recedere dal loro obbligo in nome del loro diritto alla riservatezza. Persino un personaggio sempre in copertina come Belén Rodríguez (e che proprio grazie al gossip riesce ad aumentare la propria notorietà) potrebbe scegliere di venire meno a una pattuizione se ritenesse lesa la propria privacy.

gandini 2«Il consenso è un negozio unilaterale (un atto giuridico che manifesta la volontà di una sola parte, come il testamento;ndr) avente ad oggetto il diritto all’immagine e, benché inserito in un contratto, rimane distinto ed autonomo rispetto alla pattuizione e può sempre essere revocato», spiega Claudio Gandini, avvocato specializzato nella tutela della proprietà intellettuale. «La Corte Suprema di Cassazione ha precisato preliminarmente, secondo un indirizzo già affermato in precedenza, che ai sensi dell’articolo 110 della Legge sul diritto d’autore, che la pubblicazione di immagini deve ritenersi lecita soltanto se connessa ad esigenze di pubblica informazione, tra cui non possono essere ricomprese le finalità pubblicitarie», aggiunge. La Cassazione ha inoltre rammentato che la Corte europea dei diritti dell’uomo, in relazione all’articolo 8 della Convenzione, il cui comma primo dispone che «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza», ha segnato i confini della nozione di vita privata, estendendone il significato a numerosi aspetti dell’identità di un individuo, con riferimento all’integrità fisica e morale della persona, ricomprendendo quindi il nome e tutti gli elementi riferiti all’immagine.

La sentenza della Cassazione si origina da un atto di citazione, notificato il 30 maggio 2008, con il quale l’attrice M.V. chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Bologna la Segafredo Zanetti, chiedendo di accertare che quest’ultima aveva utilizzato ed utilizzava l’immagine della diretta interessata, senza o contro il consenso della stessa. L’attrice chiedeva quindi il risarcimento dei danni subiti, oltre alla rimozione e distruzione di tutti i ritratti e le fotografie illecitamente utilizzati, nonché alla pubblicazione della sentenza su uno o più giornali a diffusione nazionale e locale. Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che l’uso delle immagini effettuato in Italia ed all’estero non fosse abusivo, avendo l’attrice acconsentito espressamente alla divulgazione delle fotografie e dei ritratti con un contratto stipulato con la società austriaca Rock & Partner, la quale, secondo il giudice di primo grado, avrebbe avuto altresì la possibilità di cedere l’immagine anche a terzi. La decisione venne impugnata in appello, ma il ricorso fu subito dichiarato inammissibile. Contro la decisione della Corte d’Appello, l’attrice ha poi proposto ricorso in Cassazione, lamentando di aver revocato nel 2007 il consenso alla diffusione della propria immagine e recedendo dal contratto con la società austriaca del 5 giugno 2000 e diffidando Rock & Partner oltre a Segafredo Zanetti – che nel frattempo aveva diffuso a scopo pubblicitario le foto ed i ritratti dell’attrice – a non utilizzare in alcun modo la sua immagine. «La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere approvata per iscritto», ha ricordato la Cassazione e Segafredo Zanetti non aveva in alcun modo dimostrato di essere divenuta titolare del diritto di utilizzazione dell’immagine dell’attrice. Da qui l’annullamento della sentenza del Tribunale di Bologna ed il successivo rinvio ad altro collegio.

Ovviamente le conseguenze economiche di una simile decisione possono essere molto rilevanti perché le campagne pubblicitarie richiedono investimenti ingenti. In questo caso si trattava di foto che la Segafredo Zanetti aveva esposto in bar ed aeroporti. Ma pensiamo a una campagna declinata con spot, manifesti, affissioni e decalcomanie sui mezzi pubblici. È molto probabile che in futuro le società tuteleranno i loro budget introducendo severe penali in caso di esercizio del sacrosanto diritto di recesso dal consenso alla pubblicazione delle proprie immagini.

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