Non so se avete mai fatto un debito. Domanda inutile. Molti di voi hanno un mutuo e un’auto e avete messo una firma in banca o sotto il contratto di una finanziaria. Non c’è dubbio che qualche volta pensate anche voi a questa scommessa sul futuro, questa cosa in teoria normale, perché magari c’è un lavoro, una busta paga che arriva a fine mese, un conto entrate e uscite che si cerca di mantenere in equilibrio. Poi accade che il futuro si fa buio, si spezza, esce il numero sbagliato sulla ruota della vita. E salta tutto. Quello che questa crisi ci sta togliendo è l’orizzonte. Non riusciamo più a vedere lontano. Non possiamo pensare le mosse al di là di una manciata di giorni e viene voglia di tornare indietro a cinque, sei, dieci anni o forse a quel beffardo 1989 con la caduta di tutti i muri, per accorgerti poi che questi muri invisibili sono più bastardi di quelli di cemento. E’ successo ieri. Un uomo di 64 anni di un paese con un nome che sa di presa per i fondelli, Vittoria, provincia di Ragusa, ha acceso un falò e come combustibile ha provato ad usare  il suo corpo e poi quello della moglie, della figlia e della casa e di due poliziotti che sono arrivati per salvarlo. Ed è bruciato tutto, perché a volta capita che pur di non perdere quelle mura che chiami casa preferisci seppellire ogni cosa, tu e quello che resta. Giovanni Guarascio, così si chiama, perché in questa storia di fuoco e miseria non ci sono morti,  aveva un debito di 10mila euro con la banca. Non aveva i soldi e sapete cosa accade in questi casi. La casa va all’asta. Per diecimila euro? Per diecimila euro. Funziona così. Quanto vale una casa? Dipende. Se va all’asta scordatevi le valutazioni delle agenzie immobiliari, che già di questi tempi sono basse. Quando il battitore ha bussato per la terza volta con il suo martello il prezzo era fatto: 26mila euro. Oggi gli avvocati di Giovanni dovevano incontrarsi con quelli del nuovo proprietario.

Accordi. Che si fa? La famiglia Guarascio avrebbe dovuto lasciare la casa? Quanto tempo? Cosa avrebbe detto il tribunale sui tempi dello sfratto. Magari chi ha acquistato la casa non ne aveva bisogno. Avrebbe detto: pagatemi l’affitto e restate qui. Ma come si fa a pagare l’affitto della casa che era tua? Non ci vivi lì dentro, ti scoppia il fegato. Allora fai la cosa peggiore che tu possa fare. Bruci tutto, mandi in cenere e fumo la casa che ormai è di un altro, ma anche la tua carne e la carne della tua carne e due malcapitati che stavano lì per salvarti solo per salvarti la pelle, per dovere, mica perché sapevano bene dei tuoi guai. Alla fine sei salvo. Messo male, bruciato, ma ancora in vita. E non puoi ricordare quello che è successo. La benzina che ti butti addosso, i poliziotti che provano a fermarti, la fiamma dell’accendino che è un attimo e poi le fiamme che avvolgono, frustano, ti si appiccicano addosso e la stanza intorno che urla di grida, dolore e maledizioni. Non c’è silenzio, perché in questa storia questa volta non si muore. Restano solo le domande, ignifughe, che neppure un rogo può cancellare.

Come si arriva a tutto questo? C’era un punto in cui ci si poteva fermare? Vero. Gli avvocati, i giudici, gli economisti dicono e diranno che c’è una ratio nelle scelte della banca, nei diecimila euro, nei debiti, nell’asta, nel finale scontato che c’è alla fine per chi non paga. Non è solo una questione di dura legge ma legge. E’ che se tutti smettono di pagare le banche fanno crack. Hanno paura di farsi male e allora niente più mutui, niente prestiti, non ci si fida più delle garanzie. La casa è il bene che serve a garantire il creditore. Io ti do i soldi, ma non posso fidarmi del tutto di te. Anzi, facevo bene a non fidarmi visto che non me li hai restituiti. Tutto questo visto da lontano ha una sua logica. Se saltano le garanzie non c’è più fiducia, senza fiducia non si fanno prestiti, senza prestiti si resta fermi, nello stagno, non ti compri la casa, non ti compri il resto, non fai crescere il tuo tenore di vita, non spendi, e lasci a piedi anche l’economia. Solo che ti restano nella testa quei diecimila euro. Cavolo, diecimila. Quante rate sono e quanto al mese? Qualcuno lì in banca ha chiesto al signor Giovanni di rateizzarlo ancora quel debito? Un nuovo contratto. Troviamo un modo per venirci incontro. Ma perché se la banca poteva prendersi tutta la casa e metterla all’asta doveva accontentarsi di diecimila euro? Gli affari sono affari. Vabbè, ma che affari sono? Alla fine è stata venduta per venticinquemila euro. Non hanno cambiato il destino della banca. Di Giovanni sì e un po’ pure della casa. E’ il principio, si dice poi in questi casi. I debiti vanno pagati nei tempi dovuti, altrimenti non c’è più regola e salta tutto. Solo che certi principi sono buoni per la burocrazia, per le direttive che arrivano nell’ufficio periferico, nella periferia economica dell’ultimo sportello. Anche il bancario ha famiglia e il lavoro è lavoro. Meglio seguire la prassi e non avere problemi. E’ così, che ci volete fare. Solo che qualche volta la prassi uno potrebbe anche metterla da parte e, perché no, usare il buon senso. Adesso non è che stiamo qui a crocifiggere il bancario, perché siamo tutti uomini di prassi. Questo mondo si regge sulla prassi quando va bene, quando va male sul benefit individuale che ci tocca per ventitremila euro in più da mettere sul curriculum. Ed è una catena che parte dal bancario e arriva sempre più in alto. Se uno vuole risolvere questa storia in maniera semplice e lineare, da manuale, può dire che il caso è semplice, quello che ha mancato, che è nel torto è Giovanni. E’ lui che non ha pagato. E’ lui che ha fatto il falò. Su questo non ci sono dubbi. Resta solo quella faccenda del buon senso. Magari se stiamo sprofondando in questa crisi è un po’ perché ci sta mancando il buon senso. Quello che gli economisti non vedono, perché non sanno da che parte metterlo nella partita doppia. Il buon senso è un profitto o una perdita? Chi lo sa. Ci sono più cose in cielo e in terra di quanto la nostra economia possa comprendere. Qualche volta viene voglia di dire che ci si può salvare saltando le regole, rifiutandoci di dare la risposta burocraticamente corretta al modello standard che appare sui computer di ogni ufficio. Giovanni, se si salva, dovrà anche pagare i danni al nuovo proprietario. A lui il buon senso è saltato per disperazione.

 

 

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