La pubblicazione dei sondaggi a carattere politico elettorale termina oggi, ovvero a 15 giorni dalla conclusione della campagna elettorale. Si tratta di una misura che venne introdotta per evitare un uso strumentale di questi dati, ovvero il suggerire al corpo elettorale l’idea che vi fosse già un vincitore, inducendo quindi a non andare a votare o ad aggregarsi alla maggioranza, o viceversa che fosse una situazione in bilico e quindi che la partecipazione fosse necessaria per l’esito della votazione.

In realtà chi beneficia davvero di questa norma è l’esercito “sgangherato” degli isituti di ricerca che si dedicano a questa attività. A due settimane dal voto cessa la visibilità di quel che viene rilevato, elaborato e stimato ed inizia un’attività rivolta ai candidati e/o ai partiti e non più ai mass media. E non è poco, in quanto ci si gioca la reputazione in modo consistente per molti mesi o anni.

Va detto che nel tempo è sempre più complesso intercettare gli umori della popolazione e stimarne l’espressione del consenso. Per alcuni fattori che provo ad elencare:

  • tassi di risposta alle interviste sempre più bassi
  • difficoltà nel reperimento e nella composizione dei campioni (interviste online + telefoniche + di persona + ecc)
  • budget a disposizione molto limitati, che causano spesso la riduzione del numero di intervistati
  • obsolescenza del dato, con il susseguirsi di eventi e temi dell’agenda dei candidati
  • relativa mobilità degli elettori, sia nella scelta delle liste/candidati da votare che nella partecipazione/astensione decisa di volta in volta
  • profonda differenza nella natura delle elezioni: amministrative vs politiche vs europee vs referendum

Di una cosa sembrano essere sicuri tutti gli Istituti: Virginia Raggi sarà il nuovo sindaco di Roma. Se così non fosse, molti professionsiti del sondaggio dovrebbero considerare seriamente l’ipotesi di ritirarsi dalle prossime competizioni ….

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