“È di enorme importanza per gli interessi degli Stati Uniti che il Regno Unito continui a far parte dell’Unione europea”: lo ha detto Barack Obama durante un faccia a faccia, alla Casa Bianca, con il premier britannico David Cameron.  Ovviamente l’europeismo di Obama trae origine, per sua stessa ammissione, dalla convenienza americana. E’ un discorso di puro calcolo. Ma questo non deve (né può) stupire più di tanto. In Gran Bretagna, intanto, due ministri hanno affermato che se si tenesse oggi un referendum voterebbero per l’uscita di Londra dall’Unione.

E Cameron che dice? Per prima cosa bacchetta i due ministri conservatori, e ribadisce: “Non ci sarà un referendum domani, ci sarà un referendum prima della fine del 2017”. Dunque c’è ancora molto tempo per pensarci, non c’è alcuna battaglia politica in corsa. Il premier ricorda che tutto il partito conservatore è stato consultato sulla strategia del governo sull’Ue, che in caso di rielezione nel 2015 prevede un referendum “dentro o fuori” dopo aver rinegoziato i rapporti con Bruxelles.

Ai (non pochi) euroscettici del suo partito Cameron dall’America torna a chiedere di unire le forze per vincere le elezioni fra due anni: “Siamo l’unico tra i principali partiti a offrire questa possibilità all’elettorato”. Il titolare di Downing Street ribadisce inoltre che lo “status quo” nell’Unione europea oggi è “inaccettabile” e va cambiato. Obama gli dà ragione, ma senza sbilanciarsi troppo: osserva che è importante che il Regno Unito “abbia un ruolo nell’Unione europea. Ma spetta ai cittadini decidere”. L’inquilino della Casa Bianca mostra il proprio sostegno alla linea di Cameron: “Il suo tentativo di risolvere i problemi prima di rompere la relazione mi sembra logico”. Da sempre l’asse Londra-Washington è un pilastro della politica Atlantica. E continuerà a esserlo in futuro. Chiunque occupi le stanze di 10 Downing Street e della Casa Bianca.

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