Xenofobofobia
«Che si dia agli stranieri la colpa dell’emergere di episodi di xenofobia… è come dare agli ebrei la colpa del nazismo», ha dichiarato pochi giorni fa Emma Bonino. Questa falsa analogia è la Summa Theologiae della religione senza Dio e senza Ragione cui siamo chiamati a convertirci. Sarebbe facile rispondere con un’altra fallacia strutturale per fare arrossire la Bonino; basterebbe infatti riproporla così: «Che si dia agli italiani la colpa di vivere con apprensione l’immigrazione clandestina… è come dare ai nativi americani la colpa di aver accolto con timore i futuri artefici del loro genocidio». Ma metterla sul piano logico è futile, ne abbiamo già parlato. Strategicamente incapaci di inibire i flussi migratori e irriducibilmente inetti a governarli, responsabili dell’arrivo a frotte di inassimilabili reietti, ai primi segnali di insofferenza sociale reagiscono con prevedibile viltà e volontà manipolatoria, facendo leva sul senso di colpa dei cuori più ingenui. Ecco allora che infettano il dibattito pubblico e la coscienza collettiva con la xenofobofobia, ovvero la paura dello xenofobo; per cui se l’anziano di periferia mostra disorientamento nei confronti di un diverso che non comprende, se manifesta timore verso chi considera la vita umana inferiore per dignità a quella di un animale da soma, se punta il dito su chi minaccia il suo universo simbolico e la sua vita a colpi di machete o di Jihād, è un pericoloso xenofobo, un abominevole razzista. E ancor più odioso e ridicolo è il voler far passare per ostile proprio il mite italiano medio, compagnone per inclinazione, sensibile all’esotismo per cultura e spesso vittima di esterofilia compulsiva. Operazione puerile quanto priva di efficacia persuasiva su chiunque non abbia la testa infilata nello sfintere di un somaro. Noi non diamo agli stranieri la colpa della crescente xenofobia, gentile Emma: perché la colpa è di chi ha permesso e favorito l’arrivo di una feccia a tal punto selezionata e così poco esotica da rendere tale xenofobia ineluttabile.