Immigrati all’inferno
Una ragazzina romana di 16 anni, Desirée. Una ragazzina drogata, stuprata, assassinata da una masnada di clandestini che ci chiedono accoglienza per “motivi umanitari”. Mentre mi si stringe l’anima, raffreddo sentimenti e pensieri, ma non rendo giustizia al bene. Sentimenti e pensieri oggi devono bruciare. Devono incenerire il raglio che presto decollerà rasoterra dalle cavità del nonpensante: «Perché… noi italiani non stupriamo, non assassiniamo?». Ci saranno altre Pamela, avevo scritto con facile e prostrato presagio; perché quei nonpensanti sono i manutengoli del nuovo orrore. E degli orrori a venire. Tu, uomo dal cuore compassionevole e dal prudente discernimento, se sensibilizzerai sull’opportunità di ricalibrare costumi e frequentazioni delle giovinette appena uscite dalla pubertà… sarai punzonato come oscurantista, retrivo, sessista; mentre è femminista e progressista lasciare le immature creature libere di farsi macellare. Quando l’esecutore è indigeno, poi, si tuona legittimamente al femminicidio e ci si attiva in lodevoli iniziative come sono, nella sola Lombardia, Rete contro la violenza sulle donne/Sciogliere il nodo della violenza di genere/E se… mi rispettassi?/Un no è da subito/Parità? Sì, lo voglio/SVS donna aiuta donna onlus/Nuovi linguaggi per contrastare la violenza contro le donne-comunicare/Dall’asilo Mariuccia al mondo del lavoro, per un’integrazione delle donne vittime di violenza; se il macellatore sarà invece d’importazione, come spesso accade, tu che segnalerai possa manifestarsi come poco attento alla parità di genere poiché prodotto di culture dove i diritti delle donne duellano con quelli dei ruminanti… verrai marchiato con l’anatema xenofobo e messo a tacere.
Enrico Mentana, fingendo al solito di pacificare, ha sgusciato di nuovo le sue insinuazioni lubriche sui social, lasciando intendere come il degrado romano passi anche da chi governa ora, e livellando lo strazio di una vita adolescente all’incidente di una scala mobile, alla spazzatura; uno scempio reso possibile da chi, come lui, sollecita i sovranisti a non nascondere la testa sotto la sabbia di fronte al razzismo degli italiani – insussistente – mentre striscia via dalle cause – consistenti – che quel razzismo renderebbero comprensibile, se non precauzionale. Vigliacca, demente, criminale doppiezza! Come quella di chi rigurgita un “vomitevole” verso l’inospitale italiano, mentre su suolo italico gioca clandestinamente allo scaricabaulé, allo scaricabantù.
Certo, ci persuade la Broken windows theory e sicuramente un Rudolph Giuliani sarebbe più utile a Roma di una Raggi. Ma i vermi a sonagli striscerebbero anche con quegli al posto di Virginia, infettando il dibattito pubblico con il colera del loro falso catechismo buonoide. Negazionista e collaborazionista. Secondo il quale fra i bunker di una degradazione da incubo e la ruspa che vorrebbe raderli al suolo, barbarico è il bulldozer; mentre fra i voraci razziatori allo stato brado e chi imbraccia il coraggio per proteggere chi ama dalle loro scorrerie, sono i secondi quelli da appendere per i piedi. Ripulitelo, lucidatelo quanto volete, il mattatoio multiculturale, chiamatelo Paradiso dei Millefiori: sarà come versare i profumi d’Arabia sulle mani di chi pratica il Taharrush gamea. Meglio che abbia odore di morte, che non mentisca. Il mattatoio è la nostra ombra; qualsiasi città, Stato, società civile proietta quest’ombra che impoverisce la luce dell’astro. Fatelo periferico, chiudetelo in un ghetto, in una banlieue, sottoterra: sarà sempre dietro ogni porta, e la sua presenza ci maledice tutti. Andate all’inferno!, vien voglia di gridare loro. Ma siamo noi immigrati nell’inferno dell’integrazione coatta. Perché per l’uomo non c’è altro inferno che la stupidità o la malvagità dei suoi simili.