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Nelle ore in cui Le Monde tuona «l’extrême droite arrive en tête en France, en Italie et au Royaume-Uni» e Massimo Franco sul Corriere della Sera chiarisce che «le ambizioni di piegare gli equilibri continentali al verbo nazionalista sembrano ridimensionate, se non evaporate; M5S e Lega, coi loro alleati, non sono destinati a circondare le forze europeiste, ma a esserne accerchiati: con un rischio di isolamento del nostro Paese», due auguste signore sono riuscite a evadere dal gulag del maschilismo populista. Impresa valorosa e ardita, a giudicare dalla durezza delle repressioni virili così tipiche di quegli aridi climi culturali e così vividamente raccontate da Vladimiro Zagrebelsky, come da tanti altri eminenti osservatori femministi che seminavano e raccoglievano quotidianamente i frutti della verità dalle regioni coltivate del Paese. La marescialla di Francia – e mi si perdonerà l’autocitazione da Marine lumière – viene accusata di fascismo, di assolutismo, dal fascismo globalista che ci sovrasta. L’assolutismo demonizza, censura e infine incrimina ogni opposizione. Ma lo fa con la velleitaria grossolanità oscurantista che gli è propria. Perché Le Pen era ed è questo: una scheggia di luce che finisce nella notte. Illuminandola a giorno. Così l’ottenebrato Macron sarò costretto a trovare conforto nelle parole di Guido Ceronetti: «Se cercando una mano nel buio trovi invece un culo, pensa alla ricchezza e al mistero del buio». Mentre l’amazzone della Garbatella, Giorgia Meloni, l’adusta madre, ardente e furente che di qual sia cavaliere non teme affronto, arriva quasi al 6.5%, a due punti percentuale da FI, doppiando quella che pareva essere l’unica donna a vendicare il proprio sesso e l’Europa tutta dallo sciovinismo sovranista: Emma Bonino. E ora, come esortava il tour di Laura Boldrini contro i talebani di estrema destra: «Forza ragazze, al lavoro!».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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