Il malocchio dei capitali esteri
L’inciampo sovranista, quasi patriottico, di Ferruccio de Bortoli sulle pagine del Corriere è stato sbrigativamente superato. Giovedì sera a Piazza Pulita, conversando con Claudio Borghi, de Bortoli è infatti tornato a farsi garbato amplificatore di istanze forestiere, aliene. Dopo aver paternalisticamente ricordato allo scriteriato leghista il ruolo da egli occupato, a mani giunte in segno di preghiera – «lei è presidente della commissione Bilancio della Camera, lei è il presidente della commissione Bilancio della Camera…» – ha esordito con un attacco rivelatore: «Se io sono…». La consecutio esclude incertezze e inizialmente pensiamo intenda riferirsi a quei giovani invisibili di cui aveva scritto con così profonda convinzione, senza lavoro oggi e pensione domani. Quindi chi potrebbe essere, anzi è, de Bortoli? Se io sono… un giovane studente universitario? No. Un giovane precario? No. Un pensionato al minimo? No. Un ausiliario del traffico? Un papà single? Una donna di casa con tre figli e marito disoccupato? Un impiegato di banca? Un fruttarolo? Un pizzettaro? No. «Se io sono un investitore straniero… e vedo l’account Twitter dell’ineffabile Borghi… beh insomma, ci penso su due volte prima di investire in Italia». Questa è la vera preoccupazione dell’ineffabile Ferruccio e di chi lo ha scelto come ambasciatore di interessi. Lo si comprende dagli occhi spiritati con cui ascolta l’interlocutore difendere le proprie idee e ricordare che è stato eletto proprio per realizzarle. «Lei ha un ruolo istituzionale. Le sue idee le lasci fuori. Faccia almeno finta!», suggerisce de Bortoli. Rendendo esplicito che occupare ruoli istituzionali, a suo giudizio, significa strabattersene del mandato elettorale e asservirsi al dogma della “responsabilità”. «La invito alla responsabilità», incalza il giornalista. Anch’io, nel mio piccolo, invito Borghi alla responsabilità, ovvero a proteggere quelle idee, continuando a strabattersene del sortilegio neoliberista per teste vuote patrocinato dall’ex direttore, utile solo agli affari dei maneggioni intercontinentali, stregoni di questa fattura.
Il dramma del nostro Paese è nella crisi della domanda interna, casomai, e nessun savio consorzio nazionale fonderebbe le proprie strategie di prosperità sui capitali esteri, che sono per loro stessa natura grifagni. L’investitore estero scende in picchiata, mastica più profitto che può e poi vola via. Fa i suoi affari. Se io fossi un tizio del genere, certo mi brucerebbe un po’ il culo nel momento in cui arrivasse un rappresentante politico intenzionato a limitare quei profitti, magari a tutela dei cittadini. Prevedibilmente, anche la Farnesina propaga il tristo malocchio, segnalando che gli investimenti esteri sono fondamentali per la crescita di un Paese. Che un’economia moderna deve aprirsi ai capitali stranieri per essere parte delle “global value chains”. Ma chi non ha l’anello al naso sa che se crisi italiana esistesse a causa del debito pubblico – mostriciattolo agitato da maldestri ventriloqui alla Cottarelli – sarebbe proprio perché quel debito non è più in mano alle famiglie indigene bensì ai capitali esteri, magari fondi pensione americani o banche francesi. Se io sono un cittadino italiano, e lo sono almeno quanto de Bortoli è un investitore estero, ricorderei a Borghi che il ruolo della finanza pubblica è comandato dalla costituzione a servire la cittadinanza e garantire il futuro di quei giovani tanto cari, fino a ieri, anche a Ferruccio de Bortoli. Il quale evidentemente… in stretta ottemperanza ai propri stessi consigli… faceva solo finta.