L’inizio della scuola per noi è stato meraviglioso: l’ebbrezza del primo giorno e il magone dell’ultimo, tutto in 48 ore.
Abbiamo fatto giusto in tempo a emozionarci per l’ennesimo riavvio delle lezioni, i compagni, i banchi senza rotelle e persino la verifica e l’interrogazione programmata per celebrare l’incredibile evento, che già due giorni dopo era tutto finito. Camera, computer, pigiama. E bussare prima di entrare.
Contatto. Contatto con un positivo.
Due parole che fino a un anno esatto fa, erano un’accoppiata totalmente priva di un qualunque senso, ora  sono lo spauracchio delle nostre scuole, dei prof, dei ragazzi che, non sempre e non dappertutto, ma si sono riappropriati del loro essere studenti-in-presenza. Perché contatto con un positivo segna l’inizio e la fine.  È l’alfa e l’omega della loro esistenza (chiamarla vita è decisamente eccessivo). E pensare che fino a non troppo tempo fa li volevamo sempre circondati da gente positiva. Ora siamo felici quando frequentano pochi, pochissimi meglio se nessuno, ma comunque  tipi negativi ancor meglio se certificati, e negativi molecolari, non troppo rapidi, per dirla tutta.

Il contatto con un  positivo ovviamente è successo a scuola. Compagna positiva perché fidanzata con un positivo. Roba da ragazzi col virus dell’amore che fa a gara con quello del Covid. Chi arriva prima vince. E se vince Covid, la classe è blindata in casa. Quindi, dieci giorni e tampone. Oppure 14 giorni e a scuola.

Per noi solo 10 giorni e tampone, perchè per l’appunto il 14esimo giorno cadeva proprio nella data in cui era fissata la verifica irrinunciabile, inspostabile, perché poi ci sono le vacanze di carnevale (vacanze?)  e i voti e la mannaia dei 200 giorni di scuola e  domani chissà che succede…

Di fatto il contatto con un positivo è la Grande Paura che entra in casa e ogni casa reagisce a modo suo come quelle infelici di Tolstoj, facendosi travolgere dall’ansia, col terrore o l’indifferenza, o il terrore travestito da indifferenza del va tutto bene anche se bene non va.

Però, in tutte le case allo stesso modo, il contatto rivoluziona la logistica e ridisegna la geografia della famiglia, le postazioni, i pranzi, gli orari, tutto velocemente rimodulato con una rapidissima involuzione nella Didattica a distanza. Come in un film dell’orrore. Musica in crescendo, il mostro-dad che ghigna tentacolare  verso il povero studente che pure, in un certo momento della sua vita di questo ultimo anno, aveva creduto che il mostro-dad fosse anche buono e forse anche lo era però adesso di sicuro  non più. Insomma questo  povero studente, corre e poi annaspa verso la porta, e  la vede… vede qualcosa che assomiglia alla salvezza proprio  lì, a un passo, basta solo aprire la porta e uscire e invece … invece capita che il nastro si riavvolga in un attimo su se stesso. Porta chiusa e a doppia mandata. Via il trucco, via il giubbotto, pigiama, ciabatte e maglioncino, camera, computer e clic, un copione visto e stravisto fino alla nausea. Dad e a casa. E con l’aggravante dell’essere contatto.

La ripresa della scuola si rigioca tutta in casa, ma con la  “ripresa della scuola“.  Sembra un un incartamento di parole ma invece è solo un incartamento e basta.

La conseguenza di tutte quelle percentuali di “presenze” ammesse –  che vanno tra il 50 e il 75 per cento a seconda dei colori regionali – su cui si sono accordati ministri e prefetti e regioni, per riuscire a contenere la corsa del virus e far rientrare i ragazzi delle superiori in classe, di fatto per noi genitori si riassume in  una tabella.

Un documento excel da scaricare, da appendere al frigorifero o in bacheca o sulla porta o dove ognuno vuole. Perchè il rientro a scuola significa una cosa tipo questa.

Esempio
lunedì a scuola dalle 8 alle 15
martedì a distanza dalle 8 alle 15
mercoledì a distanza dalle 9 alle 15
giovedì a distanza dalle 10 alle 16
giovedì a distanza dalle 8 alle 15
venerdì a distanza dalle 9.

E così scuola che vai foglio excel che trovi. Chi ha più figli, ha un quadernino di fogli excel da gestire giornalmente più pieno dell’agenda di Draghi…

Comunque il rientro in dad di una classe, significa che tutti quegli orari restano gli stessi. Ma l’incastro avviene tutto dentro le mura di casa con la “quarantenata” reclusa che mantiene l’orario del pranzo dalle 12.50 e le 13.10 alla scrivania ovviamente… e il fratello che invece, da calendario nella sua settimana di dad, può mangiare solo tra le 13.45 e le 14.

Scuola che vai incastro che trovi. Tipo: c’è chi va un giorno sì e un giorno no, poi un altro stanno tutti a casa e gli ultimi due si spostano in un’altra sede. Oppure c’è chi fa lezione da casa dalle 8 alle 9 poi deve scapicollarsi a scuola fino alle 14, poi tornare a casa, mangiare e alle 15 fare ginnastica, ops scusate scienze motorie a distanza, cioè in camera.

Sono le ardite acrobazie dei presidi per rispettare le 200 ore necessarie (verrebbe da chiedersi se in questo momento sono poi così necessarie ma  questo è un altro discorso). Ardite acrobazie che gli portano gli studenti a camminare sul filo c’è chi dice che in dad questi ragazzi non fanno niente

Eppure quelle 48 ore come è stato per noi, quell’andare e venire e tornare con un certo margine di rischio piccolo o grande che sia non lo so, con i tram e le metropolitane da prendere che poi fanno sciopero e quindi tutti si accalcano e poi però in classe stanno con la mascherina… insomma tutto questo potrebbe far pensare che sarebbe più semplice e più comodo e meno rischioso farli stare a casa come spera qualcuno. Invece persino la verifica, o il 4, adesso, contano meno del guardarsi finalmente negli occhi seppur mascherati e blindati al tavolino mangiando il panino portato da casa.

Comunque il nuovo governo – appena ci sarà –  per quanto riguarda la scuola dovrebbe partire con il riformare il nome alla Didattica. Ora dovrebbe rinominarsi diDADdica è un po’ uno scioglilingua ma se provate due o tre volte poi vedrete che vi viene bene…  perchè non si sa più dove inizia l’una e finisce l’altra. E soprattutto quando.

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