Un incontro straordinario, con una personalità di incomparabile statura morale e spessore intellettuale. A Milano, prima che si concludesse la sua vita terrena, era possibile anche per un giovane cronista avere l’onore di incontrare Gabriele Mandel Khan. Fu possibile in una giornata di febbraio di 4 anni fa in cui la città era bloccata da mezzo metro di neve. Mandel era il vicario generale dei Sufi, i “frati” musulmani che da secoli conservano e tramandano l’’islam più puro e autentico. Abitava in un normalissimo appartamento nella semi-periferica viale Piceno, sommerso dai suoi libri. Tutt’altro che ordinaria era la sua biografia. Discendente da una antica famiglia di stirpe turco-afgana, ebbe come padrino Gabriele D’Annunzio. Non ancora ventenne, fu imprigionato e torturato dai nazisti nel carcere di San Vittore. E dopo la guerra iniziò la sua straordinaria avventura intellettuale.

Mandel a Benares con lo shadu che non lascia ombra

Archeologo, poeta, scultore, fondatore di una scuola di psicologia. Da Milano guidava i mistici della mezza luna. E fra mille pubblicazioni, curò una traduzione commentata del Corano che ottenne l’’alto patronato dell’’Unesco. Aveva iniziato nel ’39 con le novelle sul Corriere dei Piccoli. Arrivò a tradurre un poema mistico di 50.000 versi e a pubblicare studi sull’alfabeto giapponese. Cultura e arte, riflessione e preghiera. Niente di più lontano, insomma, dai cosiddetti jihadisti. E del pericolo fondamentalista ci parlò  al lungo, quel giorno: “Il vero jihad – ripeteva – significa sforzo, non guerra santa, traduzione orrenda”. Eppure il suo giudizio sui fondamentalisti della Jihad islamica era netto che più non si potrebbe: “Sono la Camorra dell’’islam, la nostra mafia, i nostri Riina” ci disse. Il fenomeno del fondamentalismo era, per lui, la negazione dell’islam. Era una miscela di ignoranza e sfruttamento colpevole. “I fondamentalisti sono pazzi”. Ma sfruttati da altri. “La prevaricazione degli uomini su altri uomini dà potere – ci disse – Questa gente viene tenuta nell’’ignoranza, anche perché più è ignorante più soldi versa. Si approfittano di persone instabili”. Nel luglio del 2010 tornò “nell’Oceano infinito che è Dio“. E manca molto oggi. Bisogna davvero sperare, e pregare, che la sua testimonianza non sia mai dimenticata.

AlGia

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