Ci ha messo sette mesi, il Comune di Milano, a esporre uno striscione per Mahsa Amini, la giovane di etnia curda uccisa un anno fa a Teheran per non aver indossato correttamente il velo imposto dal regime teocratico dell’Iran.

Era stata arrestata il 13 settembre, Mahsa, per questa violazione della legge “religiosa”: aveva il copricapo allentato e probabilmente lasciava intravedere i capelli.

Fu condotta in una stazione di polizia, con ogni probabilità è stata malmenata dalla cosiddetta “polizia morale” ed è morta dopo tre giorni di coma.

La sua vicenda ha suscitato l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale, alimentando una enorme ondata di proteste in patria e non solo. Anche in Italia non sono mancate le iniziative, e le manifestazioni, organizzate in particolare dalla comunità iraniana. E a febbraio anche a Milano il Consiglio comunale ha votato un ordine del giorno per chiedere l’esposizione di uno striscione. Era stato il leghista Alessandro Verri a proporre quel gesto di solidarietà, poi l’intero Consiglio lo aveva votato.

Ma Palazzo Marino lo ha ignorato per mesi. 

In estate poi, è arrivato un appello, firmato da tante personalità: in testa l’ex ministro Claudio Martelli, l’ex sindaco Gabriele Albertini, e tanti altri. È «urgente» dicevano, chiedendo che si facesse subito, «prima del 16 settembre», giorno dell’anniversario dalla morte della giovane Mahsa Amini, simbolo della protesta per la democrazia e libertà in Iran.

La morte di Masha – scrivevano i firmatari – “dimostra la ferocia del regime degli Ayatollah e del suo apparato repressivo su inermi cittadini“. Guidata da Bruno Cappuccio, presidente della “Associazione Atlantica”, l’iniziativa ha cominciato a riscuotere adesioni importanti, come detto. Hanno firmato Maria Stella Gelmini, senatrice e già ministro dell’Istruzione, Sergio Scalpelli, presidente del Centro Internazionale Brera, Lorenzo Strik Lievers, già parlamentare radicale, Walker Meghnagi, presidente della Comunità Ebraica milanese, Davide Romano, direttore Museo Brigata Ebraica, Alessandro Litta Modignani, presidente della Associazione Milanese Pro Israele, e tanti altri. 

Tutte queste personalità chiedevano un sostegno eloquente e visibile alla causa degli iraniani impegnati in una autentica resistenza contro l’oppressione e il terrore, una lotta per la libertà che si faceva sempre più dura: “Il torto peggiore che possiamo fare non a quei ragazzi (che in questi mesi di proteste hanno perso chi la vita, chi un occhio, chi la salute), ma a noi stessi – dicevano i firmatari – è lasciare che questo anniversario passi sotto silenzio nella città di Milano, medaglia d’oro della Resistenza contro la dittatura fascista, come se fosse uno dei tanti eventi di secondaria importanza che popolano le nostre vite. Il silenzio è sempre un regalo inaccettabile ai regimi totalitari“. Lo è stato anche – ricordavano – “nei confronti della Federazione Russa mentre preparava l’aggressione all’Ucraina“. “Ecco perché consideriamo urgente che venga eseguito l’ordine del giorno approvato all’unanimità il 6 febbraio scorso, richiedente la ‘esposizione di uno striscione o di un totem sulla facciata di Palazzo Marino per la difesa dei diritti civili e politici delle donne e degli uomini in Iran‘”.

Il Giornale si è accorto della clamorosa “dimenticanza”, o inerzia, o impasse burocratica.

Eppure, nonostante l’appello, nonostante tutto, Palazzo Marino ha continuato a restare in silenzio. Cappuccio non ha mollato, ha continuato il suo pressing anche d’agosto. Hanno incalzato il sindaco, la mobilitazione è cresciuta, non si è fermata. Alcuni consiglieri comunali si sono dati da fare. Verri e non solo lui. Anche Francesca Cucchiara, dei verdi. Alessandro Giungi del Pd si è unito a Verri in un ultimo promemoria. E siamo arrivati a lunedì scorso.

Nel frattempo due manifestazioni sono state organizzate. Una in corso Venezia, un’altra davanti al consolato iraniano.

Stanato da queste attenzioni, e pressioni, o destato da tante altre occupazioni, o preoccupazioni, Sala, o chi per lui, alla fine si è dato una mossa, e il Comune ha annunciato: “Sabato 16 settembre, in occasione dell’anniversario della morte di Mahsa Amini, l’Amministrazione comunale esporrà sulla facciata di Palazzo Marino la foto della giovane”.

Per l’amministrazione ambrosiana, il gesto “intende dimostrare la vicinanza dell’Amministrazione comunale a tutte le donne iraniane che vivono in una situazione di continua violazione dei diritti”. E infatti tutta la vicenda la dimostra, questa vicinanza. Solita. Tiepida. Pigra.