Questa volta vi voglio parlare di un signore francese che si chiama François-Marie Arouet. E’ un filosofo, ma non di quelli specializzati che vanno tanto di moda. E’ anche drammaturgo, storico e perfino poeta.  E’ figlio di un ricco notaio giansenista. “Piuttosto fanatico”, sostiene lui. Arouet è un rompiscatole. Le sue idee sulla necessità di farla finita con tutte le superstizioni e credenze del vecchio secolo, quel suo insistere sulla ragione, sulla luce della modernità, gli hanno creato molti problemi con i sacerdoti delle vecchie ideologie e con i poteri forti. Arouet cerca di far capire a intellettuali e politici che non si può restare sempre rannicchiati in una palude di eterno presente, afflitti dalla nostalgia di un passato pieno di menzogne e per questo, forse, rassicurante. L’idea più forte e rivoluzionaria è però la tolleranza e la libertà individuale. La sua amica Evelyn Beatrice Hall ama raccontare una frase che Arouet sembra ripeta spesso nelle discussioni un po’ salottiere di Parigi: “Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”.

Arouet ha avuto una certa fortuna in tutto il mondo. Solo in Italia i suoi lavori restano abbandonati nei mercatini dei libri usati. Pochi lo conoscono e ancora meno ne sono influenzati. Non è un caso. Arouet non demonizza gli avversari. Non li delegittima. Non crede che se uno la pensa diversamente da te sia un venduto, uno a cui sputare in faccia come è accaduto a Pannella al corteo degli indignados, uno a cui non riconoscere diritto di cittadinanza. Non crede nella dialettica tra angeli e neri, non crede nel rosso e nero, non crede che la democrazia sia un valore solo quando vince Rosi Bindi. Capite che in questa Italia Arouet sia stato messo in fretta da parte. Non ha le certezze metafisiche di un Saviano o di un Asor Rosa.

Ah, un avvertimento, se andate a cercarlo su wikipedia non usate il suo vero nome. Nel mondo monsieur Arouet è conosciuto come Voltaire.

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