La ragazza seduta davanti a te in metropolitana dimostra più o meno venticinque anni. Sta leggendo Canada di Richard Ford. Al polso ha un braccialetto arancione a forma di drago. Ti viene da chiedergli se è originale oppure no. Tu lo guardi, lei alza un attimo gli occhi dal libro, ti guarda, nessuno dei due dice nulla. Alla fine decidi che sembra originale. Ne vedi tanti di quei braccialetti e sai che non hanno ballato una sola estate. Pensi che le idee di successo sono semplici, non facili, ma lineari, non dicono nulla di più del necessario. Macramé, un disegno, cuori, stelle, fiori, speranze, colori, tanti colori, trame, intrecci, storie, identità. Ma cosa ti dà un braccialetto? E’ chiaro che ognuno avrà il suo motivo per comprarlo, moda, imitazione, perché fa fico, perché ti piace, ma forse c’è anche qualcosa di più intimo: ti rassicura, ti dà forza. Il macramè è un merletto a nodi e ha in sé qualcosa di antico, di ancestrale, sa di nonna, di mare, di destino. Il nome viene dal medioriente e arriva qui passando da Genova, veniva usato per decorare le frange degli asciugamani.  E’ bello e costa poco. E’ il lusso a portata di mano. Questo oggetto che odora di passato cammina però grazie alla forza e all’idea dell’uomo che lo ha riscoperto. Si chiama Luca Caprai e un tempo sarebbe stato un mercante, uno di quelli che camminava sulla via della Seta, uno che si svegliava ogni mattina alla ricerca di nuove rotte, come un genovese o un veneziano, uno di quei tipi che secondo Werner Sombart erano il senso e l’etica del capitalismo. Qualche volta hai pensato che Sombart ti stava raccontando favole, un sociologo che ti spacciava per scienza la sua letteratura. Hai amato tanto Sombart, ma cominciavi a sospettare che quel personaggio fosse una razza in via d’estinzione, sfumato in questo tempo senza più speranze, senza orizzonti, senza visioni. Troppo complicata questa vita per tipi come lui. Poi hai conosciuto Caprai, con l’idea che ti abbatta solo quello che non hai la forza e la voglia di combattere, che va in Cina e racconta ai cinesi le sue avventure, e gli fa capire che in certi italiani scorre ancora lo stesso dna di Marco Polo, apre rotte verso Tokyo e New York e pensa, ossessionato, ogni giorno, come dare forza e mercati ai suoi braccialetti. Quanti Caprai ci sono in Italia? Più di quanto si pensi. E’ che spesso non si conoscono, perché inseguono solitari la propria ossessione o forse per troppo tempo hanno imparato a fare da soli. Magari un giorno si incontreranno e si riconosceranno. E insieme scommetteranno sull’italia, sulla voglia di futuro, sull’idea che certe sfide non finiscono fino a quando hai ancora fiato e cuore, coraggio e fortuna, idee e sogni. Ogni volta che pensi a questa crisi sai che saranno loro, gente come loro, a trovare una rotta al di là del buio.

La ragazza che stava leggendo Richard Ford è scesa. Canada agli occhi del suo autore è l’America che ancora sapeva guardare oltre l’orizzonte. E’ l’America non ancora soffocata dalle sue paure. Racconta Ford in un’intervista di qualche tempo fa: “Negli Stati Uniti dominano rancore, risentimento, rivincite invidiose. Non c’è uomo, o donna, che non abbia i suoi scacchi, il suo dolore. Vi dico: non lasciate che il male, la depressione, colorino la vostra vita”.

Canada è qualcosa che pensiamo di aver perduto e sta lì davanti a noi con nostalgia, con l’idea di una terra che prima o poi ritroveremo. Canada è un po’ come i braccialetti di macramè.

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