La strage di Dallas in cui hanno perso la vita 5 poliziotti statunitensi avviene in un periodo storico che paradossalmente dimostra, numeri alla mano, come il trend di morti in servizio sia in netto calo.

bialik-flowers-king-police-deaths-1Se infatti le sparatorie rimangono il principale contesto in cui avvengono le morti dei poliziotti (vedi grafico 1), si può osservare come l’incidenza delle morti rapportate alla popolazione sia in discesa rispetto alla fine del secolo scorso (fa eccezione ovviamente l’anno del crollo delle Torri Gemelle in cui morirono in un sol colpo 72 persone).

bialik-flowers-king-police-deaths-2Appare quindi evidente come l’agenda mediatica in questo momento stia enfatizzando (peraltro giustamente trattandosi si un efferato crimine) un episodio che sta scuotendo le coscienze degli Stati Uniti. Va tuttavia considerato che il numero di agenti della polizia locale è aumentato del 35% dal 1987 al 2013, secondo i dati del Bureau of Justice Statistics, mentre il numero di morti è diminuito del 34% nel medesimo periodo. E le morti in aumento sono quelle dovute ad incidenti stradali in automobile o motocicletta.

Siamo quindi di fronte ad un episodio che sicuramente sta ridisegnando la mappa dei rapporti cittadini/forze dell’ordine e che assorbe anche tutto quello che riguarda le uccisioni di persone di colore (inermi o comunque ritenute non in grado di essere troppo pericolose) che hanno causato movimenti di protesta anche molto corposi. Ma è vero anche che nel dibattito in corso non deve essere dimenticato il quadro di riferimento, altrimenti si rischia di instillare in soggetti “deboli” l’idea della giustizia sommaria, quale soluzione a un fenomeno non più controllabile. I dati infatti dimostrerebbero il contrario e fa sempre bene tenerlo a mente.

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