vince Alibaba, addio FB, povera Italia
Secondo il rapporto sull’ecommerce italiano presentato recentemente dalla società di consulenza Casaleggio e Associati (prevengo pregiudizi e critiche: fanno anche altre cose oltre a seguire i M5S… e questa indagine la fanno bene) “il valore del mercato e-commerce al dettaglio a livello mondiale è stimato in 1.915 miliardi di dollari nel 2016, oltre 200 miliardi di dollari in più del 2015, e pari all’8,7% del totale del mercato di vendita al dettaglio (7,4% nel 2015)”.
Sebbene ormai mezzo mondo sia connesso, e grazie alla diffusione del Mobile (smartphone), in grado potenzialmente di acquistare qualsiasi cosa a tutte le ore del giorno e della notte, la crescita è stata senz’altro importante, ma non determinante come lo sarà nel giro di pochi anni a venire.
Due sono le cose che colpiscono nel rapporto:
- l’e-commerce è un mercato che non può prescindere dai capitali: chi riesce a reperirli in modo consistente sopravvive, gli altri possono resistere per poco tempo o dedicarsi ad una nicchia particolare, altrimenti spariscono. Ecco cosa si dice nel rapporto: “Le aziende di e-commerce in Germania, Francia, UK e Spagna ricevono finanziamenti dell’ordine di centinaia di milioni di euro. In Italia di norma non si superano i 5 milioni di euro”
- i marketplace (es: Amazon, Alibaba, ecc.) stanno acquisendo dei vantaggi competitivi importanti rispetto ad aziende che nell’immaginario collettivo sono dei vincenti a prescindere (FB, Google su tutti). Ancora dal rapporto “marketplace come Amazon, eBay, Alibaba, Tmall e altri si stanno ponendo come i principali intermediari per i merchant che vogliono vendere all’estero e per i clienti che vogliono fare acquisti oltre confine”. Ed ancora “La competitività di questi attori si sta spostando sul mercato pubblicitario andando a contrastare tech company globali come Facebook e Google, rispetto alle quali possono disporre di maggiori quantità di dati sui clienti, in particolare per quanto riguarda il comportamento di acquisto. Alibaba ha raccolto nel 2016 il 40% della spesa pubblicitaria mobile in Cina, rispetto al 58% complessivo di Google e Facebook negli Stati Uniti”
Risulta evidente, in sede di riflessione su questi trend, che le speranze per aziende digitali “globali” targate Italy siano davvero poche. Competere con un handicap così rilevante (mancanza di accesso a grandi capitali di finanziamento) costringe ad “emigrare” oppure rimanere piccoli piccoli, ma davvero piccoli rispetto al resto del mondo. Eppure i mezzi ci potrebbero essere sia a cura dello Stato che dei Privati (opportunamente stimolati).
La competizione tra i giganti del digitale si sta spostando sempre di più da una battaglia interna agli USA (o almeno questo è quello che si vuol far credere sui media degli ultimi 20 anni) ad una guerra tra giganti che ha connotazioni molto grandi a livello di geopolitico: nella partita tra Amazon vs Alibaba oltre ai modelli di business ci sono in gioco anche poste che riguardano da vicino la politica e i futuri equilibri mondiali.
E dire che negli anni ’90 in tanti prevedevano per Internet un futuro del tutto irrilevante….