C’è un pezzo d’Italia nel Dna politico-culturale degli Stati Uniti. Lo si deve a Filippo Mazzei, nome che agli italiani dice poco o nulla, ma la cui importanza è stata riconosciuta dagli storici e da almeno tre presidenti americani.

Nato a Poggio a Caiano (a 15 km da Firenze) nel 1730, ebbe una vita decisamente movimentata: pur non avendo mai completato gli studi si improvvisò medico a Smirne. Più tardi si trasferì a Londra, dove visse circa diciassette anni come commerciante. Lì fece amicizia con personaggi del calibro di Benjamin Franklin e John Adams, e procurò al Granduca Pietro Leopoldo di Toscana due stufe disegnate dal poliedrico scienziato (nonché politico) americano.

Venuto a conoscenza che il clima e il paesaggio della Virginia non erano molto diversi da quelli della sua Toscana, nel 1773 si trasferì nella colonia, per introdurvi la coltivazione della vite e dell’olivo e, al contempo, avviare scambi commerciali tra l’America e l’Europa. Fu Thomas Jefferson a convincerlo a stabilirsi vicino alla sua tenuta di Monticello, nella contea di Albemarle. Ottenuta la cittadinanza della Virginia Mazzei si appassionò alle vicende della Rivoluzione, scrivendo numerosi pamphlet e articoli tradotti dal suo amico Jefferson, e arruolandosi come volontario per combattere contro gli inglesi.

Il 6 maggio 1776 Mazzei pubblicò le Istruzioni dei possidenti della Contea di Albemarle ai loro delegati alla Convenzione. Il 12 giugno 1776, la Convenzione adottò la Dichiarazione dei diritti della Virginia. Passa meno di un mese e il 4 luglio 1776, a Filadelfia, si incontrarono i rappresentanti delle tredici colonie in Congresso Generale. Fu adottata una Dichiarazione, che più tardi risulterà abbozzata dal vicino di casa di Jefferson, Filippo Mazzei, che affermava fra l’altro:

“Noi teniamo per certe queste Verità. Che tutti gli Uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili…”. I pensieri di un immigrante italiano finirono, così, nel documento della fondazione degli Stati Uniti d’America: la Dichiarazione d’Indipendenza.

Nelle Istruzioni Mazzei scrisse con malcelato orgoglio: “La gloria di essere stato fra i fondatori comporta una tale gratificazione ai nostri cuori da controbilanciare tutti i problemi ed i sacrifici”.

È il collegamento mancante (missing link) che pone Mazzei fra i nostri Padri fondatori. Non c’è dubbio che tale documento – “Bozza di Istruzioni”– fu scritta da Mazzei. La sua importanza è riconosciuta nel 1952 quando Julian Boyd afferma in una nota editoriale (Le Carte di Thomas Jefferson, Vol. 6) che la bozza di Costituzione redatta da Jefferson nel 1783 è influenzata dalle concezioni contenute nelle “Istruzioni degli abitanti di Alberarle”. Boyd stampò la copia trovata dall’impiegato fra le carte di Jefferson; non era consapevole che il documento è di Mazzei (Mario Biaggi, Un apprezzamento di Filippo Mazzei, Patriota americano sconosciuto; da “Congressional Record”, Washington, D.C., 12 Settembre 1984, pag. 3806).

Rientrato in Europa Mazzei fu spettatore privilegiato della Rivoluzione francese (come consigliere e in seguito rappresentante a Parigi del re Stanislao Augusto di Polonia) e ne condannò la deriva giacobina. Visse gli ultimi anni a Pisa, dove morì nel 1816.

 

Quello che segue è un estratto dalla conferenza su Filippo Mazzei tenutasi all’Ambasciata italiana a Washington (6 ottobre 2011). Guarda il video:

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