Dopo la strage del Connecticut, che ha causato la morte di ventisette persone (tra cui 20 bambini tra i sei e i sette anni), negli Stati Uniti si è subito riaccesa la discussione sul diritto di possedere armi. Diritto che, com’è noto, è sancito dal Secondo emendamento della Costituzione, risalente al 1791. Ne ho parlato in questo articolo su il Giornale.it. Le tesi sono sostanzialmente due: c’è chi dice che, essendovi troppa criminalità, e soprattutto troppe stragi, è fondamentale adottare norme più restrittive per limitare il numero di armi presenti nel Paese. Dall’altra parte vi sono quelli che sostengono che uno stato con più armi, detenute legalmente, è uno stato con più sicurezza e meno criminalità. Ognuno cita dati a supporto della propria tesi. Su una cosa non ci sono dubbi: le armi “civili” che girano negli Stati Uniti sono tante, 89 ogni cento abitanti. Ma se vogliamo fare una discussione seria non possiamo ignorare anche altri dettagli: l’ultima strage è avvenuta nel Connecticut, uno degli Stati più restrittivi in materia di armi. Adam Lanza, il killer, aveva seri problemi psichici ed ha utilizzato le armi della madre.

Anche in Europa, dov’è più difficile possedere un’arma e dove c’è un welfare molto attento anche alle cure psicologiche, come ad esempio in Finlandia e in Norvegia, non sono mancate le stragi simili a quella del Connecticut: a Jokela (2007) e a Kauhajoki (2008) e infine a Oslo e Utoya, in Norvegia, dove nell’estate del 2011 Anders Breivik ha ucciso 77 persone. Quello delle armi, dunque, è solo uno degli aspetti da prendere in considerazione.

In linea teorica mi sembra giusto garantire a ogni uomo il diritto di potersi difendere nel caso in cui, ad esempio, subisca una rapina nella propria abitazione o venga aggredito. Però mi chiedo: siamo proprio certi che con un numero più alto di armi in circolazione saremmo più sicuri? Anche il più mite degli uomini nel corso di un’accesa discussione, magari in un’assemblea condominiale infuocata oppure in una banalissima lite di strada tra automobilisti, potrebbe estrarre la pistola, regolarmente detenuta, e sparare a qualcuno. I liberali ortodossi rispondono così: chi sbaglia paga, l’importante è non limitare la libertà personale. Ma l’esistenza stessa dello Stato è, per definizione, un limite all’assoluta libertà dell’uomo. E nella logica della riduzione del danno lo Stato ha il diritto-dovere di porsi delle domande sul modo migliore per limitare la violenza e le stragi. E’ solo una domanda quella che mi pongo. Non ho la presunzione di avere la verità in tasca. Di una cosa sola sono certo: non vorrei mai, come qualcuno propone, che le maestre si presentassero in classe con in mano il gessetto per scrivere alla lavagna e la pistola nella borsetta.

 

–> Nella foto il massacro della Columbine High School di Littleton (Colorado). Il 20 aprile 1999 due studenti si introdussero nell’edificio armati fino ai denti e aprirono il fuoco su compagni di scuola e insegnanti. Al termine della sparatoria rimasero uccisi 12 studenti e un insegnante, 24 i feriti. I due killer, dopo che le forze speciali della polizia avevano circondato l’edificio, si tolsero la vita.

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