Dopo le critiche ricevute arriva il mea culpa degli americani. “Penso che sia giusto dire che avremmo dovuto mandare qualcuno di più alto profilo” alla manifestazione di Parigi, ha detto il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest, nel corso dell’incontro con la stampa. Il presidente Barack Obama, ha aggiunto, avrebbe voluto partecipare. Ma perché non è andato? Earnest se la cava così: Obama avrebbe voluto partecipare ma i preparativi sono iniziati solo venerdì sera. Inoltre sarebbe stato difficile adottare le necessarie misure di sicurezza richieste dalla sua presenza senza ostacolare il normale svolgimento del corteo. Sa di scusa. Ma tant’è. L’assenza di Obama, del suo vice Biden e del segretario di Stato Kerry si è notata, molto più della presenza degli altri leader. Serve a poco sottolineare che, tra gli assenti, tanto per citarne uno, spiccava un certo Vladimir Putin. Non vi è dubbio che gli Stati Uniti avrebbero dovuto presenziare al massimo livello anziché farsi rappresentare dall’ambasciatore Jane Hartley (l’attorney general Eric Holder era a Parigi per incontri con i rappresentanti dei servizi di sicurezza).

Ma dov’era Obama? Pare che sia rimasto alla Casa Bianca con la famiglia; Biden era a casa sua, nel Delaware, e il sottosegretario Kerry era in visita in India. Proprio da New Delhi, Kerry ha bollato come sofismi le critiche rivolte all’amministrazione Obama. Nel corso di una conferenza stampa il sottosegretario ha sottolineato che il presidente e alcuni uomini della sua amministrazione sono stati in contatto con le autorità francesi quasi immediatamente dopo il primo attacco e hanno offerto assistenza a Parigi sotto il profilo dell’intelligence. Ha quindi annunciato che sarà in Francia giovedì per colloqui su come contrastare il terrorismo. Anche dall’Eliseo, a onor del vero, hanno difeso Obama. Un alto funzionario ha detto alla Cnn che il presidente è stato “molto presente” da quando sono avvenuti gli attacchi e che è stato il primo leader a telefonare ad Hollande. Il funzionario ha aggiunto che la visita presso l’ambasciata francese di Washington “è stato un momento toccante di solidarietà”.

I repubblicani hanno criticato aspramente la scelta dell’amministrazione di non inviare nessuno a Parigi. “L’assenza è simbolo di una mancanza della leadership americana sulla scena internazionale ed è pericoloso”, ha detto il senatore texano Ted Cruz. “L’attacco di Parigi, così come quelli contro Israele e altri alleati, è un attacco ai valori condivisi”, ha aggiunto. “E’ stato un errore”, ha rincarato la dose il senatore della Florida Marco Rubio. “Capisco che quando il presidente degli Usa viaggia viene mobilitato un sistema di sicurezza e di comunicazione molto ampio e che questo avrebbe potuto creare parecchi problemi ad un evento del genere. Ma doveva esserci qualcuno ad alto livello“, sostiene. Michael Steel, portavoce dello speaker della Camera, John Boehner, ha scritto una email dove sostiene che “la Francia avrebbe dovuto avvertire lo stesso sostegno da parte nostra come ha fatto tutto il mondo. Ma non c’è stato”.

Ma accantoniamo un attimo le polemiche domestiche a stelle e strisce e concentriamoci sull’Europa. L’assenza di Obama la rafforza. Spiego subito perché: il Vecchio Continente di fronte alla tragedia dell’attentato di Parigi ha dimostrato di saper reagire con sdegno. Ora dovranno seguire decisioni forti per la tutela della libertà e della sicurezza. L’Europa, lasciata senza la mano amica di Washington, può anzi deve tirare fuori gli artigli e dare prova, una volta per tutte, della propria forza. Che può essere tale solo se c’è unità di intenti e ferma determinazione politica. Insomma, ora servono i leader. E gli attributi. L’Europa può rivendicare un ruolo guida nel mondo e farsi rispettare solo se si unisce. Se non coglierà questa opportunità resterà un nano che ha sempre bisogno della manina dell’America perché, altrimenti, non sa camminare da solo. Ecco perché l’Europa deve dire grazie a Obama.

 

 

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