Usa 2016, la corsa di Rand Paul
“Ho un messaggio forte e chiaro: siamo qui per riprenderci il nostro Paese”. Con queste parole Rand Paul, 52enne, ha dato ufficialmente inizio alla sua campagna elettorale per le primarie repubblicane. In palio c’è la nomination per la corsa alla Casa Bianca. Parlando dal palco di Louisville (Kentucky) il senatore ha sottolineato di voler fare una corsa contro la “macchina di Washington”: una critica all’establishment che solletica l’antipolitica. “Voglio riformare Washington”, ha detto spingendo forte su questo tasto, evocando una “visione dell’America” che va “ripristinata” con “la Costituzione americana in una mano e la carta dei diritti nell’altra”. Per rimarcare la propria distanza da Capitol Hill sul suo sito Paul ha scritto il titolo di “dottore” cancellando quello di senatore. Quella di Rand Paul, che dal 2010 al Senato rappresenta la voce dei Tea Party, è la seconda candidatura tra i repubblicani dopo quella del senatore texano Ted Cruz.
“Il messaggio di libertà, opportunità e giustizia è per tutti gli americani, che si indossi un abito o un’uniforme, per i bianchi e per i neri, per i ricchi e per i poveri”, ha sottolineato Paul sul palco pieno di bandiere a stelle e strisce, puntando ad allargare la propria base elettorale includendo le minoranze etniche. “Eppure molti americani vengono lasciati ai margini e la ricompensa del lavoro sembra fuori dalla loro portata. I poveri sembrano diventare sempre più poveri mentre i ricchi si arricchiscono”, ha affermato scagliandosi contro quei repubblicani che vincendo le elezioni sono diventati parte “della macchina di Washington”. “Io non sono così- ha assicurato – e non è per questo che ho corso per diventare senatore”, ha proseguito il rampollo di una delle famiglie della destra libertaria più famose d’America. Chirurgo oculistico, cresciuto in Texas, negli anni dell’università interruppe gli studi per sei mesi per seguire la campagna elettorale del padre Ron Paul, durante le primarie del 1984. Fece parte del team elettorale del famoso genitore in corsa per la nomination repubblicana anche nel 2008 e nel 2013.
Paul ha sempre sfidato l’ortodossia del partito, criticando i repubblicani al Congresso e gli ultimi leader del Gop per avere contribuito ad aumentare il debito del governo federale e per avere ridotto le libertà presidenziali. In passato si è scagliato contro le agenzie federali, comprese quelle di intelligence e delle entrate e per il suo anti-interventismo. Ma nel nel discorso in cui annuncia di voler diventare presidente ha ammorbidito queste posizioni sottolineando la necessità di un sistema militare per forte per combattere il nemico degli Stati Uniti e cioè l’islam radicale: “Fino quando non faremo il nome del nemico non potremo vincere la guerra e il nemico è l’islam radicale. Non possiamo girarci intorno e faremo il possibile per proteggere gli Stati Uniti dal queste persone che odiano l’umanità”. Mossa abbastanza inusuale per un discorso di lancio di candidatura: Paul è entrato a gamba tesa in un tema di politica estera. E ovviamente ha criticato Obama per aver perseguito un accordo sul nucleare iraniano che “dovrà essere approvato dal Congresso perché lo impone la legge”. La differenza rispetto ad Obama, ha tenuto a precisare, “è che lui pensa di poter negoziare da una posizione di debolezza”, ma l’obiettivo resta comunque “la pace e non la guerra”.
La sfida di Rand Paul appare sin da subito molto difficile. Conciliare la voce libertaria, “fuori dal coro” e anti sistema, senza distanziarsi troppo dall’elettorato di destra più “tradizionale”. Ovvio, però, che l’attacco all’establishment è e resta un suo cavallo di battaglia, e quindi non può annacquare troppo questo marchio di fabbrica che da anni lo contraddistingue. Lo fa prendendo di mira entrambi i partiti, sia il suo, quello repubblicano, sia il partito democratico. Ai “professionisti della politica” contrappone la normalità dei cittadini. E cosa c’è di più “normale” di un medico di una piccola città come lui?
Stando ad un sondaggio condotto per la Cnn, Rand Paul è al terzo posto per consensi tra i repubblicani con il 12%, Jeb Bush è in testa con il 16% seguito da Scott Walker con il 13%. Ma il prossimo a scendere in campo potrebbe essere Marco Rubio, pronto ad annunciare la sua candidatura già la prossima settimana.