Usa 2016, Rubio cresce ma Bush non demorde
L’ultimo dibattito in diretta tv tra i candidati repubblicani si è concluso senza vincitori né vinti (leggi l’articolo). Gli esperti sono concordi su questo punto. Ma ci sono segnali che è importante sottolineare: i progressi di Marco Rubio e Ted Cruz e (nonostante le continue critiche) la sopravvivenza di Jeb Bush. Ma com’è andata a Trump? Prova energica la sua, ma stavolta è stato ben attento a non esagerare negli attacchi personali. E su alcuni temi (immigrazione, economia e relazioni con Putin) è stato bersagliato e messo all’angolo dagli avversari.
Ancora deludente Ben Carson: ha arrancato sull’economia e sulla lotta all’Isis. La sua unica risposta perentoria è stata sull’aumento del salario minimo, osteggiato da tutti i candidati Gop. Bush si è guadagnato un forte applauso quando ha attaccato l’eccessiva regolamentazione federale e si è distinto nel far notare che le affermazioni contro gli immigrati rappresentano un formidabile assist per il partito democratico. Rubio ha reclamato una forte leadership e ha bollato l’esperienza di Hillary Clinton come il passato, mentre lui si presenta come l’uomo del futuro.E a livello anagrafico ha buon gioco su quasi tutti gli avversari (solo Ted Cruz è quasi suo coetaneo).
Agli Stati Uniti serve un “commander in chief”, non un “agitator in chief“, un presidente che divide. Bush per la prima volta ha tirato fuori le unghie, prendendo di mira i populisti, e il primo di questi, dal suo punto di vista, è Trump. Bush punta dritto sulla Clinton, che accusa di non avere leadership necessaria per guidare l’America e di essere ostaggio della sinistra. Se la ripresa di Bush c’è stata, bisogna vedere se sarà sufficiente per iniziare la risalita. Perché molti osservatori sono convinti che il risveglio tardivo potrebbe non bastare. Per alcuni, i più critici, l’ex governatore della Florida ha solo “evitato il disastro”. Ma l’attesa spallata del suo ex delfino Rubio – sempre più corteggiato dall’establishment del partito e dai finanziatori delusi da Jeb – non c’è stata. La corsa è più aperta che mai, visto e considerato che gli attuali leader nei sondaggi, Trump e Carson, non hanno brillato.
Sul palco del Milwaukee Theater, in Wisconsin, è andato in scena uno schieramento di candidati che rispecchia l’attuale travaglio del partito repubblicano, sempre più in crisi di identità e alla ricerca della sua vera anima, tra le spinte verso a destra e lo sforzo, contrario, di riconquistare un profilo più moderato. “Dobbiamo pensare a chi di noi è in grado di battere Hillary Clinton, e smetterla con le scaramucce”, è il richiamo di Bush il giorno dopo l’evento.
Gli scontri più duri nel dibattito
Sulla riforma dell’immigrazione si è consumato lo scontro più duro. Trump rilancia la doppia proposta del muro al confine col Messico e della deportazione di 11 milioni di irregolari. Bush sferza i suoi rivali con forza: “Mentre noi repubblicani continuiamo a parlare di deportazione i democratici vincono”, e prende le distanze in modo netto dalla posizione di tutti gli altri, ribadendo come sia imprescindibile valutare un percorso di regolarizzazione dei clandestini.
Scontro duro anche sulla politica estera, con Trump che chiede di lasciar fare ai russi in Siria (“che bombardino pure l’Isis!”) e Rubio che invece accusa Vladimir Putin di essere un “gangster”, un “personaggio della criminalità organizzata”. Bush se la cava così: prima accusa il magnate newyorkese di giocare a Monopoly (“non è così che funziona il mondo”), poi attacca la Clinton accusata di voler continuare con la politica estera di Obama, reo di aver fatto perdere all’America il ruolo di leader nel mondo, e di “non aver affrontato veramente la minaccia del terrorismo in Medio Oriente”.
L’affondo contro Hillary va avanti sulla riforma di Wall Street e sulla stretta sulle grandi banche. “Hillary Clinton vuole norme più stringenti che non farebbero altro che aumentare i rischi per l’economia reale”, spiega Bush, convinto tra l’altro che abolendo molte misure volute da Obama l’economia potrebbe crescere del 4%: “Hillary dice che le politiche di Obama meritano un 10. Veramente? Una persona su 10 oggi come oggi non lavora, un bimbo su cinque vive coi buoni pasto e una persona su 7 vive in povertà. Questo non è da 10. Questo è forse il massimo che Hillary può fare, ma non il massimo che può fare l’America”.