Se le banche centrali «drogano» il mercato…
Attenzione! Con questo post non vi suggeriamo qualche strategia alternativa per investire i risparmi ma cerchiamo di spiegarvi come funziona il mercato globale e perché il periodo che stiamo vivendo è particolarmnete difficile, soprattutto per chi vuole arrivare a fine mese mettendo qualche euro da parte.
Il problema principale di tutte le economie industrializzate è la crescita del debito pubblico. Ci sono Paesi che storicamente hanno speso più di quanto potessero permettersi come l’Italia e ce ne sono altri come gli Stati Uniti che, pur avendo conti pubblici meno disordinati, hanno bruciato molte risorse (e continuano a farlo) affinché la crisi economica non blocchi completamente l’attività produttiva. Il risultato, ci ricorda il Fondo Monetario Internazionale, è che negli Usa il debito pubblico è salito al 104% del pil e potrebbe aumentare al 112,5% entro il 2015. L’Area Euro è un po’ più virtuosa (debito/Pil al 90%) ma con situazioni molto problematiche al suo interno, Grecia e Spagna prima di tutte.
Il paradosso, ci ricorda Allianz Global Investors, è che – a fronte di questo peggioramento dei conti pubblici e di una serie interminabile di bocciature (il cosiddetto downgrade) da parte delle agenzie di rating – il rendimento dei titoli di Stato più pregiati come i T-bond americani, i Bund tedeschi e i Gilt britannici e gli Oat francesi sono ai minimi di sempre. Si chiama financial repression (repressione finanziaria): non si interviene sui fondamentali dell’economia, ma si adopera uno stratagemma. Si frena l’aumento del debito artificialmente in modo che la crescita dell’economia possa mantenersi su livelli superiori. In questo modo il rapporto debito/pil tende a scendere, come dimostra la storia recente degli Stati Uniti. A metà degli anni ‘40 il debito pubblico negli Usa salì infatti al 122% del Pil, a causa della Grande Depressione e della Seconda Guerra Mondiale. A metà degli anni ’70 era sceso intorno al 30%.
I bassi tassi di interesse delle banche centrali e l’acquisto diretto di titoli di Stato da parte delle autorità monetarie sono gli effetti collaterali «tradizionali» dello scenario di financial repression. Gli istituti finanziari vengono inoltre incoraggiati ad acquistare titoli obbligazionari. In questo momento la Fed detiene il 10% di tutti i titoli del Tesoro americano in circolazione, pertanto è il principale creditore del governo degli Stati Uniti. A seguito dell’acquisto diretto di obbligazioni, la Bce detiene quasi il 3% dei bond in circolazione in Eurolandia.
Il risultato? Un’amara sorpresa. Gli investitori, che prima puntavano su titoli di Stato sicuri per proteggersi dalle insidie dei mercati, ora si ritrovano con i T-bond e i Bund che rendono meno di zero se depurati dall’inflazione. I cittadini, invece, si ritrovano a fare i conti ugualmente con una politica di austerity che deprime la crescita economica e lascia il probolema irrisolto…
Wall & Street