Un finanziere al lavoro

 

Con questo post ci inoltriamo in un territorio oscuro, quello dell’economia sommersa la cui natura, per l’appunto, è quella di cercare continuamente il nascondimento. Per farlo, ci avvarremo di un’analisi effettuata da Visa Europe, la società che si occupa di sistemi di pagamento elettronici e distribuisce carte di credito, in collaborazione con i consulenti di At Kearney. La precisazione è importante, ma prima la notizia.

L’evasione fiscale in Italia vale 333 miliardi, il 21% del pil. Con quel denaro «sottratto» alle casse dello Stato si potrebbero attuare tanti programmi: ridurre il debito pubblico, abbassare le tasse, aiutare le fasce più deboli. Il catalogo è lungo e ognuno di noi lo conosce.

Guardiamo il confronti tra il nostro Paese e gli altri Stati europei, inclusa la Turchia.

Come si vede solo Grecia, Turchia ed Europa dell’Est sono più «evasori» di noi. Ma anche in Paesi «civili» come Francia, Germania e Gran Bretagna si evade, solo che l’incidenza sul pil è la metà della nostra. Nel 2013 il «nero»stimato in Europa è di 2.150 miliardi di euro, il 18,5% del pil del Vecchio Continente. Nessuno, quindi, può permettersi di distribuire patenti di moralità o di fiscal compliance.

Come il report di Visa spiega, i due terzi dell’evasione sono generati dal lavoro «nero» (soprattutto nell’agricoltura e nell’edilizia: non si denuncia l’assunzione del dipendente e non si pagano tasse e contributi previdenziali). Il restante 33% si può qualificare come «evasione vera e propria»: aziende e privati dichiarano di aver guadagnato meno di quanto in realtà hanno percepito o posseggono e pagano perciò meno imposte.

I cicli economici recessivi con crollo del pil e della produzione industriale, come quello che l’Europa meridionale sta attraversando (in Germania le cose continuano più o meno ad andar bene), determinano automaticamente un aumento dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale. Aziende e cittadini creano fittiziamente liquidità per evitare la soccombenza. Soprattutto le imprese scelgono il sommerso per fare dumping, cioè per restare competitive anche in un contesto che le vedrebbe tendenzialmente sfavorite. Visa, che proviene da un contesto anglo-sassone, aggiunge anche un movente sociologico per spiegare il trend: in alcune culture evadere comporta una minore sanzione sociale. Cioè chi fa il furbo non viene pubblicamente biasimato, ma – conclude lo studio – aumentare le pene per gli evasori non necessariamente produce una modifica dei comportamenti.

Lo si capisce bene dal grafico qui sopra. Gli incrementi delle imposte – nell’Europa meridionale resi più impellenti dalle politiche di austerity per il risanamento dei bilanci pubblici – spesso favoriscono un incremento dell’evasione. Soprattutto se le imposte sui redditi tendono a divorare tutta la base imponibile (i vari 100% che si vedono si riferiscono a questa tendenza, non all’aliquota applicata). Va anche detto che l’elevata tassazione di Finlandia, Austria e Svezia non produce comportamenti devianti. Ma tant’è.

Qual è la misura più facile per contrastare il fenomeno? Nel grafico qui sotto la vedete esposta chiaramente.

Nei Paesi che usano in misura maggiore le transazioni elettroniche (pagamenti con carte di credito, attraverso gli smartphone o tramite Internet), la tendenza a evadere è contrastata. Più si limita l’utilizzo del contante più è difficile dichiarare meno di quello si è incassato. È chiaro che per società come Visa l’adozione di misure tese a favorire l’utilizzo della moneta elettronica è un vantaggio giacché le loro fonti di ricavo sono le commissioni di utilizzo delle carte e/o i canoni annui.

Transazioni elettroniche fa rima con «tracciabilità». Significa che il Fisco, accedendo ai conti bancari, è in grado di misurare il nostro stile di vita, presumere i nostri guadagni e accertare più facilmente se stiamo evadendo oppure no. Il redditometro e lo spesometro se li sono già inventati. Tocca a noi cittadini stabilire se la riservatezza dei nostri dati personali vada in qualche misura abbassata per consentire un più facile contrasto all’evasione. O se non sia preferibile uno Stato meno invasivo e meno spendaccione che pretende meno tasse e impone – giustamente – l’obbligo di pagarle.

Wall & Street

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