Telecom e il rebus dello scorporo
Gli analisti della svizzera Ubs non sono molto teneri nei confronti di Telecom Italia. Nell’ultimo report la banca elvetica ha confermato il rating sell (vendere) con un prezzo obiettivo di 0,45 euro, ben al di sotto delle attuali quotazioni di Borsa (0,57 euro). Il giudizio è impietoso: «I fondamentali sono in deterioramento, la struttura patrimoniale è insostenibile e manca una strategia industriale». Insomma, a leggere queste affermazioni così tranchant verrebbe da pensare che il presidente Franco Bernabè e l’ad Marco Patuano abbiano difficoltà nel tenere la barra a dritta.
In realtà, la critica di Ubs è soprattutto di natura politica. Gli analisti pensano che le ipotesi di uno scorporo della rete e l’integrazione delle attività mobili con 3 Italia non abbiano «logica industriale e finanziaria» e siano «guidate dall’interesse politico per mantenere la rete di accesso di proprietà italiana (un chiaro riferimento al possibile ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nella compagine; ndr)» consentendo al tempo stesso ai soci della controllante Telco (Mediobanca, Generali, Intesa e Telefonica) di prepararsi una via d’uscita. Bisogna infatti tener conto che il debito-monstre della società (oltre 28 miliardi di euro) è di difficile gestione e che operazioni complesse come uno spin-off e l’integrazione con un competitor come 3 richiedono molto tempo.
Inoltre, la valutazione della rete (al momento non si capisce se nella nuova società verrebbe conferita solo la parte terminale del network conservando alla casa madre la dorsale oppure no) potrebbe rivelarsi significativamente più bassa rispetto a quanto indicato attualmente dai rumor (enterprise value compreso tra 10 e 15 miliardi di euro). Senza contare che l’Authority delle Comunicazioni si è riservata di valutare tutti i profili del dossier. Dall’altro lato, l’integrazione con 3 viene giudicata come a bassa creazione di valore per gli azionisti e soprattutto non è semplice: basti pensare che Goldman Sachs ha ricevuto l’incarico dai cinesi di Hutchison Whampoa per le nozze con Telecom già da 5 anni e finora i tentativi non sono andati a buon fine per le resistenze dell’una e dell’altra parte (chi è dentro Telecom non vuol vedere ulteriormente penalizzato un investimento già svalutato e chi entra non vuole essere sminuito).
In un contesto di mercato molto difficile per i servizi di telefonia, conclude Ubs, non è impossibile escludere del tutto l’eventualità di un aumento di capitale. Certo, gli svizzeri saranno pessimisti: Equita – ad esempio – ha un rating buy (comprare) con un target price di 0,75 euro confidando nella magnanimità dell’Authority. Ecco Bernabè e Patuano avranno molto da lavorare per scongiurare esiti oggi imprevedibili, come la perdita dell’investment grade (oggi il rating di Standard & Poor’s è BBB-). Come diceva Totò: «Chi si ferma è perduto!».
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