Da un paio di mesi è pienamente operativo anche in Italia, Aztec Money, una piattaforma web che consente alle piccole e medie imprese di cedere i propri crediti esclusivamente online.

Il sistema è semplice: un’azienda si iscrive, la richiesta viene sottoposta a scrutinio in poco tempo e dal momento dell’ok può immediatamente cominciare a caricare sul sito web le fatture commerciali che intende cedere. Le condizioni sono poche: l’importo deve essere uguale o superiore a 50.000 dollari Usa (38.000 euro), il bene o il servizio devono essere stati già consegnati o in via di consegna e il pagamento deve essere atteso entro un termine non superiore a sei mesi. La controparte, infine, deve essere un’altra azienda perché in Italia la cessione di un credito di un ente pubblico (come può essere un’Asl) necessita di un atto notarile.

Una volta immessa su Intenet la fattura (con annessa richiesta di anticipo e sconto applicato) e, verificato che la controparte non sia un’impresa in cattive condizione di salute,  parte una procedura d’asta. Rispetto alle normale procedure tramite banca non c’è bisogno di un valutatore esterno, cioè di un rating. Fondi specializzati statunitensi e britannici e banche di investimento, iscritte su Aztec Money, inizieranno a contendersi il credito a suon di rilanci. In caso di transazione andata a buon fine (Deutsche Bank garantisce le operazioni ricevendo il denaro dagli acquirenti e versandolo ai venditori) viene applicata una commissione massima del 2%. Ecco perché in Irlanda, dove Aztec Money è nata,  è stata definita «l’eBay del credito».

«Eravamo già operativi in Spagna e Grecia, ora siamo anche in Italia che è un mercato che vale 380 miliardi di esportazioni. In un periodo così difficile è un buon modo per ottenere liquidità senza passare dal canale bancario considerato che gli istituti di credito stanno contenendo il loro impegno nel settore del factoring», ha spiegato Gianfranco Pirastu, responsabile italiano di Aztec Money aggiungendo di aver contattato anche grandi gruppi quotati del nostro Paese per diventare controparte finanziaria dei loro fornitori. Per Fiat ci vorrà del tempo considerato che il Lingotto impone alla supply chain il divieto di cedere le fatture.

Aztec Money gode di buone credenziali internazionali: è stata fondata da due manager britannici con una lunga esperienza nel settore dei fondi e delle banche di investimento. Inoltre, il fatto che Aztec Money sia operativa nei Paesi del Sud America e dell’Africa con il suo servizio Internet di sconto crediti le ha guadagnato le benemerenze di «imprenditore sociale».

Però, a pensarci bene, non c’è da fare i salti di gioia nell’essere inseriti nel novero di Paesi come Ghana, Kenya, Etiopia, Perù e Honduras. Eppure questo è il prodotto delle differenti soluzioni alla crisi globale. È una questione di orgoglio nazionale, un tema che quando si fanno affari deve essere necessariamente messo da parte.

Ve lo spieghiamo con un semplice esempio. L’imprenditore italiano che si rivolgerà ad Aztec Money lo farà per ottenere condizioni più favorevoli e anche per comodità. Immaginatevelo allo sportello factoring della propria banca di riferimento: «Perché vuole scontare la fattura? Lo sa che col nostro istituto ha già una certa esposizione? L’ultimo mese ha tardato un po’ a pagare il mutuo, comunque le avviamo la pratica e le faremo sapere a breve». Nel frattempo la banca italiana, che si rifornisce di denaro a costi superiori rispetto alla concorrenza estera perché paga il rischio-Italia, magari ha deciso che la liquidità da destinare alle attività di factoring va ridotta perché il factoring assorbe capitale e con l’aria che tira ci sono un sacco di mutui e di prestiti che rischiano di andare in sofferenza.

Dall’altra parte del sito di Aztec Money, invece, ci sono gli investitori americani e britannici che la Fed e la Bank of England hanno «ricoperto» di liquidità. Prendono denaro dalle banche centrali quasi a zero e lo investono in tutto il mondo: tanto ottenere un rendimento più alto dello 0,25% (0,5% in Gran Bretagna) non è difficile. Infatti, se hanno ottenuto 100.000 dollari allo 0,25% e li usano per comprare una fattura di uguale importo con uno sconto dell’1%, hanno già guadagnato 775 dollari con un solo clic. Moltiplicate questi numeri per le migliaia di transazioni commerciali che possono passare ogni giorno su una piattaforma web e il gioco è fatto.

Che la controparte sia un produttore di cacao del Ghana che vende a Nestlé o che sia un imprenditore metalmeccanico della Bergamasca che commercia con la Germania non fa differenza. La fa per il sistema finanziario italiano che parte già azzoppato rispetto alla concorrenza globale. Un po’ come il Terzo Mondo.

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