Renzi si fida troppo di Watson
Il premier Matteo Renzi la scorsa settimana a Boston ha siglato un accordo per la realizzazione nell’area Expo di un centro IBM per il progetto Watson, un investimento da 150 milioni di euro che dovrebbe creare circa 600 posti di lavoro. Ma chi è o cos’è Watson? Ci si limita a parlare, nelle notizie che si leggono, del fatto che si tratta del «celeberrimo supercomputer» per l’informatizzazione del sistema sanitario, «in grado di battere i campioni del gioco a quiz Jeopardy!», che sarebbe poi Rischiatutto.
Secondo Francesco Varanini, consulente in ambito Information & Communications Technology e già docente dell’Università di Pisa, non bisogna accettare acriticamente la propaganda.«Supercomputer» non vuol dire nulla.Si parla di hardware? di software? di basi dati? di algoritmi? «Eppure leggete i titoli dei giornali e anche gli interi articoli: sperticata apologia della meravigliosa macchina», commenta Varanini. autore di Macchine per pensare, edito da Guerini e Associati, un saggio che ripercorre la romanzesca storia dei computer raccontando anche la storia di Watson. «La propaganda costruita attorno a Watson, e in genere a tutti i successi dell’Intelligenza Artificiale, sfrutta l’insicurezza umana di fronte alla complessità, sfrutta l’umana disponibilità ad accettare con sollievo soluzioni magiche», afferma. Più che sentirci sollevati ed ammirati per le magnifiche gesta di queste macchine, sostiene Varanini, «è invece importante comprendere come funzionano davvero, dove inizia e dove finisce il ruolo dei tecnici che le progettano e le fanno funzionare».
«Un’educazione fondata sulla sfiducia in sé stessi e sull’affidamento ad una autorità terza e superiore porta a costruire macchine destinate a sostituire l’uomo», conclude. Questo atteggiamento, invece, porta a dimenticare che l’intelligenza artificiale altro non che una simulazione del comportamento umano presentato come risposta adeguata ad esigenze umane. «Simulare», però, è ben diverso da «essere» e anche dall’agire umano.
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