Mutui, l’unione civile vale il matrimonio
Le unioni civili tra partner dello stesso sono equivalenti al matrimonio. Beh, un attimo, non proprio in tutto e per tutto… Però, giuridicamente quando si tratta di acquistare una casa e di pagare un mutuo producono gli stessi effetti. È quanto rivela un approfondimento curato per conto del sito di comparazione Mutui.it, in collaborazione con Facile.it. Innanzitutto, l’unione civile, definita come formazione sociale tra persone maggiorenni dello stesso sesso, implica automaticamente (se non diversamente richiesto) il regime della comunione dei beni; valgono quindi tutte le disposizioni valide per i coniugi tradizionali in materia, inclusa la trascrizione di tutti gli atti relativi agli immobili di proprietà di una coppia unita civilmente.
È lecito, pertanto, ipotizzare che valga anche per le unione civile la possibilità di detrarre gli interessi passivi del mutuo cointestato, in caso di acquisto di un immobile in comproprietà o in regime di comunione dei beni. Ciascuna delle due parti di una unione civile potrà quindi non solo detrarre la propria quota di interessi passivi (il 19% per un massimo di 4000 euro) ma detrarre il 100% in caso abbia fiscalmente a carico il proprio compagno. Allo stesso modo, in caso di scioglimento dell’unione civile dovrebbe applicarsi quanto accade in caso di divorzio. Se, quindi, la coppia unita civilmente si separa mentre è in corso il pagamento di un mutuo, la parte obbligata a pagare gli alimenti può decidere di continuare a pagare le rate chiedendone la detrazione dall’assegno versato all’ex-compagno. Può infatti accadere, come succede per le famiglie tradizionali, che in caso di separazione la casa sia assegnata solo ad uno dei due, e che l’altro continui a dover pagare le rate pur non avendo più residenza nell’immobile. Ovviamente, sono sempre aperte le strade della vendita consensuale dell’immobile per l’estinzione del mutuo, o la rinegoziazione del mutuo stesso in modo che solo chi desidera restare proprietario sia anche il solo intestatario del contratto di finanziamento.
In caso poi di morte di uno dei due costituenti l’unione civile, si applica il regime della successione ereditaria. Il compagno superstite gode dello stesso diritto di successione che spetta al coniuge: dovrebbe quindi ereditare anche l’obbligo ad estinguere al posto del defunto eventuali contratti di mutuo in essere, a meno di non rifiutare l’eredità.
Diverso il caso delle convivenze di fatto, disciplinate sempre dalla legge Cirinnà. In questo caso, tutto quello che riguarda il regime patrimoniale può essere regolato da un contratto nel quale si specifichi il regime patrimoniale (comunione, separazione) che si intende mantenere e il modo in cui si intende regolare ogni tipo di pendenza in caso di scioglimento del rapporto o di morte di uno dei due compagni. Il documento deve essere redatto con atto pubblico o privato, convalidato da un notaio. In caso di morte di uno dei due conviventi, l’altro ha diritto, secondo la legge, a viverci per almeno altri due anni e comunque non per più di cinque anni, e di succedere al compagno in caso di eventuale contratto di affitto. Il diritto si estingue con la formazione di un nuovo legame.
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