Pubblichiamo un contributo del professor Bernardino Casadei sulla relazione tra fondazioni come enti non profit e filantropia. Il professor Casadei è consulente di ConfiniOnline, organizzazione formata da professionisti ed esperti nei molteplici ambiti del Terzo settore che ha dato vita a uno dei principali siti Internet sul non profit. Inoltre è responsabile sviluppo di Fondazione Italia per il dono e coordinatore del Master per Promotori del dono presso l’Università dell’Insubria.

«La nascita delle fondazioni d’origine bancaria, la diffusione delle fondazioni d’impresa, la proliferazione delle fondazioni di famiglia e l’introduzione delle fondazioni di Comunità hanno creato nel nostro Paese un settore che non conoscevamo e hanno permesso la riscoperta di un istituto, la fondazione, che ai più sembrava un residuo arcaico destinato a scomparire. Bisogna però riconoscere che si tratta di enti che sono caratterizzati da un’enorme sproporzione fra gli obiettivi che si pongono e i mezzi di cui dispongono che, anche quando sono ingenti, sono irrilevanti rispetto ai problemi che vorrebbero affrontare.

Per vincere questa sfida la filantropia istituzionale ha elaborato diverse strategie che non hanno permesso di conseguire i risultati sperati e spesso si sono limitate e generare dei “palliativi che finiscono per perpetuare le ingiustizie che vorrebbero combattere” quando non sono servite a finanziare centri di potere dalla gestione non sempre trasparente.

In effetti, l’impatto sistemico della filantropia si è rivelato limitato, se non nullo. Vengono sostenute infinite iniziative, tutte replicabili, anche se poi quasi nessuna lo sarà e che coinvolgono lo zero virgola della popolazione target. Dimenticando che i problemi complessi non hanno, per definizione, una soluzione, si cerca il progetto che risolverà il problema, ma che, di norma, anche quando ha successo, finisce con lasciare le cose come stavano.

Anche il lodevole tentativo di utilizzare le proprie risorse per favorire la crescita degli enti, abbandonando il finanziamento dei progetti, rischia di avere un impatto limitato. Studi hanno evidenziato come non sono né i soldi né l’innovazione a permetterci di affrontare le sfide del presente, ma la creazione di coalizioni intersettoriali, ben diverse dalle reti in cui ciascuno pensa a portare acqua al suo mulino.

Forse la filantropia istituzionale, se non vuole ridursi ad essere mosca cocchiera di ben altri interessi, dovrebbe abbandonare ogni velleità di ingegneria sociale per mettersi al servizio di tutti coloro che vogliono ricreare i legami sociali ed aiutare ciascuno di noi a non limitarsi ad essere elettore, contribuente e consumatore, ma a riscoprirsi cittadino, offrendogli la concreta possibilità di contribuire alla definizione e realizzazione del bene comune. Attraverso la creazione di un’infrastruttura che aiuti ciascuno di noi a donare le proprie risorse (tempo, competenze, relazioni, denaro) per ciò che ritiene bello, buono e giusto, le fondazioni potrebbero contribuire a ricostruire quel capitale sociale di cui le istituzioni politiche ed economiche hanno un così evidente bisogno. Non si tratta di lanciare moralistici appelli alla bontà e neppure al senso di responsabilità sociale, ma di offrire una concreta opportunità per affermare la propria libertà, libertà che non è il potere che ci permette di assecondare i nostri istinti, ma che è la modalità attraverso la quale poter testimoniare i nostri valori più nobili e veri».

Bernardino Casadei

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