Quale fu la sorte dei prigionieri italiani in Russia durante e dopo la seconda guerra mondiale? In che condizioni vissero la prigionia e che fine fecero le decine di migliaia di soldati che non tornarono? Di questo angolo di storia dimenticato, trascurato e non adeguatamente indagato, si occupa con dovizia di particolari e grazie a fonti inedite, Matteo De Santis con «Fantasmi dalla Russia – Il mistero dei dispersi italiani» edito dalle Edizioni Chillemi di Bruno Chillemi per la collana Memore.

Il testo, con prefazione della professoressa Anna Maria Isastia – presidente onorario della Società italiana di storia militare e già docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma – mira a far luce sulla sorte dei quasi 90mila dispersi del corpo di spedizione italiano che operò in Russia nel 1941-43, la loro difficile prigionia e le relazioni tra i due paesi per la ricerca di coloro che non tornarono al termine del secondo conflitto mondiale. Una pagina drammatica del nostro recente passato ed un mistero intrecciato con la storia italiana postbellica, la ricostruzione e la divisione del mondo in blocchi, esito della guerra fredda.

Il libro, basato su documenti inediti provenienti dall’archivio storico della Croce Rossa Italiana, che per più di trent’anni, dal 1960 al 1993, si occupò delle ricerche dei soldati italiani in coordinamento con la controparte sovietica, ricostruisce un tassello importante della nostra storia recente, completando il complesso intreccio degli autorevoli e significativi studi storici sulla prigionia. Poco si sapeva del lavoro di ricerca e ancora meno si parlava della possibilità che qualche italiano fosse rimasto in Russia, derubricando l’ipotesi a mera speranza delle famiglie dei dispersi. Uomini, soldati, che come fantasmi sono rimasti sospesi tra realtà e narrazione tragica.

L’ipotesi che qualche disperso potesse essere rimasto in Russia, alla luce della documentazione esclusiva analizzata dal libro, diviene dolorosamente reale, connotando la terribile questione della prigionia di un senso di tragico abbandono e di cancellazione della memoria. Con il ritmo incalzante del giallo e una narrazione tra il lavoro storico e la drammatica realtà di situazioni oltre il limite della sopravvivenza, il testo porta a galla ed analizza molti interrogativi rimasti finora senza riscontri, con lo scopo di consegnare alla storia eventi per troppo tempo dimenticati, cercando di rispondere al quesito: sono rimasti degli italiani in Unione Sovietica?

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