Una ricerca del dipartimento di Sociologia dell’Università Milano-Bicocca ha evidenziato che su 6.000 studenti intervistati il 25% di quelli compresi tra i 5 e i 7 anni di età possiede uno smartphone e tre su quattro usano quotidianamente tablet e computer e fanno videochiamate. Il 38% di questi bambini usa i social network. Viene seguito dai genitori meno del 50%, gli altri invece non sono monitorati. Il 78,3% dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni usa Internet tutti i giorni. La decisione del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, sulla scuola smartphonefree ha un suo fondamento. Ne abbiamo parlato nell’ultima puntata della nostra live con Sabrina Priulla, responsabile progetti della Fondazione Piramis Onlus.

«Il cervello dei ragazzi a quell’età è completamente emotivo, sono trasportati dalle emozioni ed è l’adulto che deve invece essere il contenitore per accompagnarli verso il senso delle cose, cos’è giusto, cos’è sbagliato, quali sono le conseguenze delle situazioni», spiega Priulla aggiungendo che «lo smartphone, i social, i videogiochi e tutto quel mondo sono costruiti proprio per creare dipendenza, perché alimentano il sistema dopaminergico, quindi mi dà una conferma, mi alimenta il senso del piacere, aspetto il like, un ragazzo ovviamente è in balia di questo e non può da solo capire o fermarsi perché è proprio quello che lo attira, è come se ci fosse una calamita».

L’unico modo è interrompere questo collegamento. «I ragazzi a scuola non hanno bisogno dello smartphone, hanno bisogno di stare concentrati su quello che succede e di vivere le relazioni, quelle che tutti conosciamo, parlare con i compagni, vivere il momento, non pensare allo smartphone», prosegue sottolineando che «i risultati di quella ricerca dicono che chi ha usato lo smartphone prima dei 14 anni ha i voti più bassi a scuola e ha i livelli di soddisfazione e di benessere peggiori». Ma non solo la scuola, anche la famiglia deve farsi carico della propria missione educativa. «L’esposizione eccessiva dei bambini, piccoli e piccolissimi, ad uno schermo pone una serie di problemi legati a deficit dell’attenzione, ritardi nel linguaggio, problemi di apprendimento, aggressività», osserva Priulla.

Gian Maria De Francesco

 

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