Nell’ultima puntata di Wall & Street Live abbiamo ospitato Elisa Rovesta, scrittrice e analista di stili umani. Con il suo ultimo romanzo, Umanestelle, si conclude la trilogia iniziata con Umanistili e una ballerina sulla luna e Fatti di umani. Una saga che Rovesta descrive come un Bildungsroman, una narrazione che accompagna la crescita dei protagonisti in un mondo complesso e «liquido».

Rovesta spiega: «In Umanestelle, sul finale unisco tutti i personaggi dei due libri precedenti in occasione di un matrimonio, mentre nelle parti precedenti introduco nuove figure attraverso due novelle. L’ironia rimane la chiave centrale, un modo per riflettere sugli aspetti della contemporaneità». Secondo l’autrice, il tema principale è la necessità di ritrovare creatività e immaginazione, qualità spesso soffocate nella nostra era tecnologica. «La protagonista, Stella, è una donna che scopre di aver perso la creatività, un ingrediente essenziale che cerco di far emergere in tutta la trilogia».

Il riferimento di Rovesta all’umanesimo moderno si lega a una critica velata all’era digitale, che ha modificato il linguaggio e la percezione stessa del sogno. «Abbiamo sostituito parole come “sogno” con termini come “comfort zone” o “performance”. Credo che dovremmo riscoprire uno spazio per una creatività pura e non contaminata», riflette l’autrice.

Rovesta ha trovato indicativa la storia degli 883, raccontata in una recente serie tv. Pur non essendo una loro fan musicale, ne ha apprezzato il messaggio. «Quei ragazzi non avevano abilità straordinarie, ma un sogno e una volontà incrollabile. Oggi, invece, tutto sembra piegarsi a metriche e performance. Sembriamo project manager della nostra stessa esistenza», afferma.

Nel descrivere i suoi personaggi, Rovesta li definisce «antieroi», lontani dagli standard di perfezione della società contemporanea. «Sono più Robin che Batman e vanno fieri della loro autenticità», dice. Il loro viaggio non rappresenta un giudizio, ma un invito a ritrovare quella autenticità che, secondo l’autrice, è spesso perduta.

Gian Maria De Francesco

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