Una gay street in città. In Comune si lavora per ufficializzare la vocazione di via Sammartini. Con Marta Bravi lo abbiamo raccontato in un pezzo uscito oggi sul Giornale:

Era il 4 aprile 1993 quando Felix Cossolo (titolare di uno due primi bar gay friendly in città) e lo storico leader Arcigay Franco Grillini riscrissero la toponomastica cittadina: «Via Sammartini gay street».

Da allora molto è cambiato. Tanto che ora si lavora a istituzionalizzare tutto in tempo per Expo e si parla di un «quadrilatero gay» intorno alla stazione Centrale. La consigliera comunale Rosaria Iardino (Pd) con zona 2, residenti, commercianti e assessori competenti sta lavorando per riqualificare il quartiere e trasformarlo nel quartier generale del mondo «Lgbt» (lesbo-gay-bisex-transgender) in vista del 2015. Certo, tra i 20 milioni di visitatori provenienti da tutto il globo ci saranno anche persone omosessuali. E un dato tra tutti viene citato: l’indotto italiano annuo del turismo gay ammonta a 2,7 miliardi di euro. Un bel business. Torino è più «gay friendly» di Firenze e Roma, per esempio. Milano ci deve ancora arrivare.

Via Sammartini rappresenta a tutt’oggi la principale «gay street» italiana – si legge nel sito «gaystreetmilano.it» – e certamente è la via storica del mondo lgbt milanese. Vi si trovano un bar («Next Groove»), un club («Club 23») un cruising (club privato per incontri), un disco-bar («After Line»), un sexy shop («Europa 92») e all’angolo con via Schiaparelli una sauna («Metro»). E ancora: un’edicola e un ristorante gay friendly. L’altra faccia della medaglia: essendo una via laterale della Centrale, è da sempre degradata. Nella zona, inutile dirlo, si registra un alto tasso di microcriminalità proprio per la frequentazione della strada. Spesso sommerso: «Alcuni omosessuali difficilmente denunciano una rapina. In genere non reagiscono alla violenza con violenza» spiega Rosaria Iardino. La consigliera comunale punta con i diversi assessorati a rendere la via più sicura e fruibile anche per i turisti: serve più illuminazione e vigilanza. «Bisogna fare in modo che la via non diventi un bersaglio facile della microcriminalità e che anzi sia considerato un luogo sicuro anche per i turisti». L’apertura di nuovi locali renderà la via più frequentata anche di giorno e più sicura. Il progetto di riqualificazione che dovrebbe partire ufficialmente il 17 maggio, con la grande festa in occasione della giornata mondiale contro la omo-transfobia, porterà diritto a Expo. Il rischio di ghettizzazione? «No, ma dipende da come si vivono le cose, certo è sempre in agguato il rischio della strumentalizzazione, ma dal punto di vista turistico è necessario ufficializzare questo luogo».

Yuri Guaiana è vicepresidente del Consiglio di zona 2 e segretario  dell’associazione radicale «Certi diritti», che promuove «responsabilità e libertà sessuale». Spiega: «Milano non ha un quartiere gay come altre città. Si sono create spontaneamente delle realtà gay friendly, in zona di porta Venezia e non solo». «Si tratta di meccanismi storici – premette – e io non sono certo un dirigista. Detto questo, se si sviluppa un quartiere gay a Milano io sono favorevolissimo. Ed è importante che gli enti locali ne riconoscano il valore, anche per la capacità di attrazione e il ritorno economico che potrebbe avere. Bisogna dire che ovunque questi quartieri, prima degradati, diventando à la page – spiega Guaiana – E il turismo lgbt a Milano ha una grande potenzialità. Il Comune potrebbe avere un ruolo, investendo e agendo da stimolo». «La Zona non ha poteri specifici su questo, approvando una mia mozione ha solo preso atto della scelta di far partire la parata del pride week dalla Stazione Centrale, ma quella scelta valorizza un trend che ha un significato».

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