Bucha come tappa della memoria, dopo Auschwitz. E’ una proposta seria, messa nero su bianco da chi è ben consapevole di cosa siano stati i campi di sterminio nazisti. E’ il direttore del Museo della Brigata ebraica Davide Romano a lanciarla, mentre in Ucraina infuria – da un anno – una guerra voluta dal presidente russo Vladimir Putin; una guerra che non ha risparmiato atrocità neanche ai più deboli.

Bucha è un nome legato a una pagina orrenda di questa guerra, una guerra che spesso è parsa assumere un carattere terroristico.  Lo ha detto anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky rispondendo a una domanda nella conferenza stampa del 24 febbraio, primo anniversario dell’attacco russo. Il momento peggiore in quest’anno di guerra è stato Bucha – ha detto – “quello che ho visto a Bucha”.

Bucha è una cittadina dell’Ucraina settentrionale, è a mezz’ora di auto da Kiev ed è capoluogo di un distretto. Nel primo mese di guerra questa città di medie dimensioni è stata bombardata e poi occupata dalle truppe russe, per essere poi liberata dagli ucraini ai primi di aprile. In quelle poche settimane di occupazione dal terrore si è materializzato l’orrore, quello che il sindaco ha raccontato pochi giorni fa anche alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che nel corso della sua visita in Ucraina ha toccato anche Bucha, commossa. “Il popolo ucraino sta pagando un prezzo molto alto – ha detto – A Bucha e Irpin l’ho visto con i miei occhi e non lo dimenticherò”.

Già il 2 aprile il sindaco Anatoliy Fedoruk aveva dichiarato che almeno 300 persone erano state sepolte in fosse comuni, e tutti hanno memoria delle immagini girate lungo una strada in cui stati rinvenuti i cadaveri di civili giustiziati. “Quando parliamo di Bucha si parla certamente di genocidio – ha detto in seguito Fedoruk, intervistato dalla trasmissione In VivaVoce a Rai Radio1 – Perché 419 persone, civili, donne bambini sono stati uccisi senza alcun motivo. Possiamo immaginare quali emozioni abbia avuto una ragazza dopo una violenza oppure una persona che abbia visto altre persone essere uccise”.

E’ a questa pagina drammatica che pensa Romano, direttore del museo della brigata ebraica, che certo non può essere accusato di sottovalutare gli orrori dei campi di sterminio nazisti, ma vede un filo rosso che li accomuna agli orrori patiti dal popolo ucraino. “Propongo di introdurre nei viaggi della Memoria ad Auschwitz fatti dalle scuole – dice Romano – una seconda tappa a Bucha, in Ucraina, per fare capire agli studenti come due eventi pur diversi tra loro hanno in realtà un filo rosso che li lega:  il fanatismo nazionalista, l’orrore della guerra, e la volontà negazionista degli autori.”