Se il rischio recidiva aumenta
Oggi vi parlo di Rita e, dato che siamo in tema, faccio una piccola digressione sulle statistiche e sui medici perbene.
Rita è un regalo del blog. Anche lei con tumore al seno, anche lei mamma due bambini, anche lei curiosa. Ha appena ripreso il suo lavoro – da chimica, in un’azienda – dopo una lunga pausa non voluta e molto sofferta. Rita si è accorta di avere un cancro al seno mentre stava allattando il suo secondo figlio…”pensavo alla morte – ricorda – ho dovuto smettere subito di allattare il piccolo mentre l’altra mia figlia faceva l’inserimento all’asilo…e ancora oggi, nonostante sia passato più di un anno da quel maledetto momento, convivo con un profondo senso di ingiustizia continuo a chiedermi: perchè non ho potuto nutrire mio figlio?”
Ma Rita è anche un fiume in piena di domande e di idee. In un anno, sui tumori, ha raccolto più informazioni lei di un’agenzia specializzata. Primo: l’intervento si fa a Milano “visto come hanno trattato mia cognata, qui al sud”. Secondo: zero chemio, “la più convincente è la Di Bella. Ma dico, possibile, che gli oncologi non la considerino in questo modo? Secondo te ci fanno o ci sono?”. Ci arrabbiamo ma ridiamo anche, come ci si può divertire scambiandosi mail.
Ci conosciamo un mese fa, Rita arriva a Milano. Ha riccioli scuri e il sorriso aperto. Deve andare allo Ieo per un controllo, ricorda il giorno dell’intervento, “non volevo saperne di fare la ricostruzione, ero a pezzi per via dell’allattamento interrotto, figurati che la chirurga plastica si è messa a piangere…Mi diceva ‘sono anch’io del 1973, mi ascolti, si sentirà meglio dopo…’ Le ho dato retta e ora sono contenta. Mi ha conquistato il suo modo di partecipare, non me lo sarei aspettata” .
Dedico a Rita, un’intervista che ho fatto al senologo dello Ieo, Alberto Luini a proposito di ricostruzione mammaria. Anch’io non mi sarei aspettata dichiarazioni così …sincere.
Partiamo da un dato riportato da tutti i giornali durante la campagna di raccolta fondi del 5 per mille. Si ricorda che in Europa, rispetto agli Usa, si rispetta di più il corpo delle donne perchè si fanno più ‘quadrectomie’ (asportazioni di spicchi di seno) rispetto alle mastectomie (asportazione dell’intera mammella e ricostruzione).
Prima una considerazione: per portar asportare solo uno spicchio di seno bisogna avere un tumore al di sotto dei 2 cm e mezzo e, al contempo, essere dotate di un dècolletè piuttosto tornito, una comune ‘seconda’ verrebbe solo danneggiata da un’operazione di questo tipo. “Anche se – come precisa Luini – i bravi chirurghi fanno il ‘rimodellamento’ (in pratica spostano un po’ di grasso da una parte all’altra della stessa mammella)” l’intervento risulta ben riuscito se la ciccia c’è.
Fin qui tutto torna. Ma ci sono molti casi che viaggiano sul crinale di questi criteri, tipo il tumore è proprio di 2,5 cm e la mammella non verrebbe danneggiata da una quadrectomia. Cosa interessa, a questo punto, a una donna? Soprattutto una cosa: le statistiche di recidiva. Cioè vuol sapere se rischia di più togliendo un pezzo più piccolo di mammella piuttosto che uno più grosso.
Il buonsenso fa propendere per il melius abundare ma domandando qua e là mi ero sempre sentita rispondere che non c’erano differenze. Cioè, quando il tumore si ripresenta, a distanza di anni, mi dicevano gli oncologi, torna sia nelle donne che hanno fatto la mastectomia che in quelle che hanno scelto l’intervento conservativo.
Pure dall’istituto Mario Negri ho ricevuto queste statistiche. Qualche conticino, però, non mi tornava: io ho conosciuto donne che hanno avuto recidiva nella stessa mammella… è chiaro che il mio limitato osservatorio non rientra nelle statistiche. Invece, stupore! Proprio dal senologo dello Ieo arriva la smentita: ‘Il rischio di recidiva nella stessa mammella in chi fa l ‘intervento conservativo è del 5 per cento in più rispetto a chi la mammella non l’ha più.
Altro discorso riguarda l’altra mammella. Dopo 10-15 anni, quando capita che il cancro colpisca il secondo seno, invece, la percentuale di recidiva è identica fra i due gruppi di donne. Per questo quando il tumore è di medie dimensioni, da una decina d’anni, proponiamo una mastectomia con conservazione di cute e capezzolo. Il risultato è un dècolletè ricostruito ma molto naturale”.
Ammetto di non avere molta dimestichezza con i numeri, ma 5 su cento mi pare abbastanza. O no?