Il senso di Scola per la scienza
Oggi l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, ha visitato l’Istituto nazionale dei tumori (Int), si è fermato in pediatria, si è sentito dire che ogni anno 200 bambini si ammalano di cancro, ha incrociato gli sguardi dei piccoli ricoverati, ha guardato le loro teste pelate, ha stretto le mani ai loro genitori.
L’istituto di via Venezian si occupa del 15% dei tumori infantili italiani (il 10% dei ricoverati sono piccoli extra Ue).
Scola ha parlato della scienza che può portare a “tentazione di delirio, quando si investono soldi per tentare l’immortalità come accade in Usa e in Giappone” (a noi viene in mente il florido settore dell’antiaging che scippa soldi alla ricerca sul cancro, ma questo il cardinale non l’ha detto, sicuramente perché non lo sa).
Sentite però cosa ha detto: “La scienza non genera di per sè la felicità, ma si accompagna spesso a fenomeni di malinconia e depressione nelle nostre società avanzate. Riflettiamo ancora troppo poco sui suicidi che avvengono in Europa anche tra i giovani…”
Secondo l’arcivescovo, per sanare la contraddizione tra le grandi possibilità offerte da scienza, tecnologia e genetica e la felicità “serve l’amore vero. Creare luoghi come questo dove si dimostra che donare produce gioia, molto più che tenere per sé”.
Ha concluso: “Per camminare l’uomo deve sapere dove va. Se non incontra il senso della vita, non c’è scienza che tenga e non si ha la forza per ripartire tutte le mattine, soprattutto se si è malati”.