Quando si vuole pilotare una ricerca
Ed eccoci: lo studio condotto dal ricercatore francese Gilles-Eric Seralini, che dimostra che il mais geneticamente modificato provoca il cancro, è subito contestato.
Sissignori, è aspramente criticato, a parole ( eh vediamo quali,) , a poche ore dall’annuncio e senza che sia illustrato un lavoro che sostenga il contrario.
Lo studioso Seralini ha condotto una ricerca – di nascosto e per due anni – sul mais transgenico Mon NK 603, prodotto dalla Monsanto.
Piccola premessa: che bisogno c’è di un mais modificato? Perchè produrlo? Perchè resista a un erbicida, il Roundup, che altrimenti risulterebbe tossico! Abbiamo creato il mondo dell’assurdo….
Il ricercatore rivela che i ratti, dopo essere stati nutriti fino a due anni con il mais Ogm, sviluppano tumori, soprattutto alla mammella e in giovane età. Tra gli autori della ricerca, che sta per essere pubblicata su Food and Chemical Toxicology, c’è l’italiana Manuela Malatesta, del dipartimento di Neurologia dell’università di Verona.
I risultati, basati sull’osservazione dei ratti nell’intero arco della vita, indicano che la mortalità nelle femmine raddoppia o triplica a causa del tumore della mammella, mentre nei maschi sono stati rilevati danni a fegato e reni.
I ricercatori chiedono all’Unione europea che venga vietata “immediatamente l’importazione di questo mais” e venga richiesta una “nuova e rapida valutazione” di tutti gli Ogm e pesticidi autorizzati in Europa.
Non solo. Seralini ritiene che gli effetti tossicologici di Ogm o di pesticidi debbano essere valutati su un periodo di due anni, e non di 90 giorni come succede ora. Ha presentato anche una richiesta che sembrerebbe ovvia, e cioè che una eventuale contro- perizia volta a dimostrare che il mais Ogm è innocuo, non venga fatta dalla ditta produttrice, cioè dalla Monsanto.
Che succede dopo queste rivelazioni?
Sentite le obiezioni del settimanale britannico New Scientist:
“I ratti scelti per la ricerca sono di quelli predisposti al tumore alla mammella soprattuto se mangiano senza limiti, e soprattutto se il mais è contaminato da un fungo molto comune, che provoca squilibri ormonali. Al momento non ci sono dati sul tipo di dieta cui sono stati sottoposti i topi nè è stata verificata l’eventuale contaminazione da parte del fungo. Di conseguenza non ci sono al momento elementi per stabilire se a scatenare il tumore sia effettivamente il mais.”
Ainoi, conclude l’italiano Alessandro Sidoli, presidente AssoBiotech, associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie: “Il mais Ogm è usato da 15 anni e non ha mai dato problemi”.
Come andrà a finire, secondo voi?