Se la chemio è accanimento
Almeno due terzi dei pazienti che hanno un tumore in stadio avanzato pensano che la chemioterapia che stanno ricevendo li potrebbe curare, anche quando in realtà serve a dare loro pochi mesi di vita. Lo afferma uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine.
I ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston hanno intervistato quasi milleduecento pazienti con tumori ai polmoni in fase terminale o al colon retto già diffusi in tutto il corpo attraverso le metastasi, tutti cioè in uno stadio in cui la chemioterapia può dare al massimo qualche mese di vita.
Il 69% dei malati di tumore al polmone e l’81% degli altri ha dichiarato di sperare nella guarigione: “Non si tratta di pazienti poco intelligenti o di cattivi medici – spiega Deborah Schrag, uno degli autori – ma di una complessa dinamica di comunicazione, per cui è difficile per i medici dare una cattiva notizia e per i pazienti accettarla. Ironicamente abbiamo scoperto che i pazienti che si dicono più soddisfatti della comunicazione del proprio medico sono proprio quelli che hanno capito meno la loro situazione”.
Toh, i pazienti non capiscono, ma chi li deve informare? Se non c’è più nulla da fare (e un medico lo sa) perché non offrire un’alternativa, dolce e non tossica? Si dirà che non esistono cure dolci perché non sono scientificamente provate … Ma se non c’è più nulla da fare per quale sadismo insistere con alte dosi di veleno?
Perché si deve staccare la spina alle Eluane e non si deve sospendere una chemio palliativa (quella che ti propinano se sei pieno di metastasi) o una chemio a oltranza (unica indicazione per i tumori cerebrali). Perché per le Eluane si chiama accanimento e per i malati di cancro non si deve chiamare allo stesso modo, con l’aggravante della presa per i fondelli? Perché?