Il cuore fra Lampedusa e Montecitorio
Pur di fuggire dal loro Paese, africani e siriani, rischiano la vita. Non hanno nulla da perdere. Nei loro Paesi c’è la dittatura o c’è la guerra. I giovani sono obbligati a servizi militari che non finiscono mai o a combattere subito. Noi, per loro, siamo il Bengodi. Il paradiso della civiltà separato da un canale d’acqua.
Quanta gioia c’è negli occhi di chi salva i migranti dalle onde e quanta felicità si percepisce in chi – scaraventato via come zavorra – può pensare ora di rinascere in un Paese nuovo.
Il giornalista che stamattina ha diffuso la notizia dello sbarco via radio (ascolto Radio 101) ci ha chiamati “popolo col cuore”. Ho pensato che senza questa emergenza colossale, senza la tragedia del barcone di oggi – e dei barconi di ieri – noi italiani non avremmo tirato fuori il meglio.
E altri stranieri sarebbero entrati in Italia, com’è giusto che sia, per la strada riconosciuta dalla legge, con una chiamata di lavoro e un regolare permesso di soggiorno. Ma la vita spesso ci chiede di “ risolvere le emergenze” . Quando tutto fila liscia non c’è bisogno di ingegnarsi, di adattarsi, di scegliere. Perché c’è già la strada maestra.
Così il pensiero è volato ad altri giovani in cerca di una terra promessa. Sono i disabili senza cura. I fratelli Biviano (e decine di altri) accampati davanti a Montecitorio dall’ agosto scorso. In tenda. Con le loro carrozzelle e stampelle. Con le magliette con scritto “non ho più voglia di morire”. Come i migranti del Mediterraneo cercano una salvezza disperatamente, ora e non domani. Perché con il mare grosso e senza saper nuotare, il domani non ci sarà. Negargli la scialuppa oggi significa assomigliare agli scafisti assassini.
L’altra sera i disabili hanno fermato il ministro Beatrice Lorenzin per chiedere di proseguire la terapia compassionevole con le staminali Stamina. E Lorenzin – che pure ai migranti ha spalancato le strutture d’emergenza – davanti a questi malati – naufraghi dalla nascita – s’è scordata dell’emergenza. E’ come se avesse negato loro il salvagente quando ha precisato: “Perché diventi cura compassionevole Stamina deve passare la fase 1 (che è quella di non tossicità)” oppure: “Se anche Stamina funzionasse non è detto che andrebbe bene per la sua malattia”.
Queste sono le regole dei farmaci, ogni molecola è registrata per una sola malattia (eppure anche qui, quando si sono tentate tutte le strade, l’off label è ammesso se non addirittura ricercato dal bravo medico). Quanto alla non tossicità, principio cardine della buona medicina, basterebbe dare un’occhiata ai malati che dal 2008 ricevono le staminali Stamina per vedere, non solo che nessuno è morto, ma che i vivi hanno manifestato notevoli miglioramenti.
Suggerisco di ascoltare in proposito cosa dicono gli specialisti Marcello Villanova e John Bach intervistati dalle Jene.