Cari amici del blog, vi auguro buone vacanze e vi chiedo un po’ di pazienza se nelle prossime settimane non riuscirò a moderare i commenti con tempestività. 

Ho cambiato l’immagine della testatina e tolto una frase che sentivo sempre più distante da me: “Il coraggio di combattere il tumore al seno”. Non penso più che ci voglia coraggio a combattere il cancro perché, se sono qui oggi – mentre molte mie compagne di viaggio non lo sono -, non dipende certo dal coraggio. 

Dedico questo post e la nuova veste del blog a una persona che è stata preziosa nella mia vita, la preside del mio liceo (nonchè prof di greco e latino). Dopo 48 anni di esami di maturità, e altrettanti quinquenni di classi accompagnate prima a Milano e poi a Bolzano, dopo aver diretto due istituti religiosi – con scuole di ogni ordine e grado – se n’è andata una donna di grande tempra, lei sì, coraggiosa. 

La ricordo colta e appassionata; dall’entusiasmo per i versi di Lucrezio lo spunto per dirci: “Non accontentatevi della superficie, indagate sempre le ragioni”.

Educata nei modi e nel cuore, “agli esami e nelle occasioni importanti ci si presenta vestiti con decoro, il corpo è la casa del vostro spirito”.

Libera ed essenziale, nel commentare i giornali e gli avvenimenti dava l’impressione di una mente proiettata in avanti di qualche decennio.

Soprattutto capace di condividere, spiegare e coinvolgere: il suo mestiere, insomma.

Ha lavorato fino all’ultimo, lucida e instancabile, anche con la malattia in corpo.
Non mi ha meravigliato il venire a sapere che ha rifiutato ogni tipo di terapia, per fermare il cancro prima, e le metastasi dopo. 

Ce la ricordiamo tutte come una a cui non la si raccontava.

Si è ritirata negli ultimi mesi nella casa di riposo delle suore Marcelline, vicino soltanto il fratello medico. 

Quello che so e che sto per raccontarvi della sua ultima lezione me lo testimonia la cara Francesca, ex alunna anche lei, medico in forza al mio ospedale, il San Paolo, dove per quelle inspiegabili coincidenze della vita, capitai per curare il mio cancro e vi trovai Giacomina (Moro) e il suo braccio destro, Francesca, entrambe ex Marcelline. 

“Ha chiuso gli occhi e ha detto ‘eccomi’, poi ha restituito il respiro”.

Ho sempre pensato che l’averla incontrata e avuta come insegnante al liceo, negli anni della mia crescita, fosse stata un’occasione per apprendere qualcosa di importante sul senso del vivere. 

Ora mi ha insegnato anche come si muore.

Grazie, suor Giovanna.
 

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