Il Natale di Barbara
Cari amici del blog, il mio augurio per voi è che troviate il senso del Natale ogni giorno dell’anno. La consapevolezza di poter “rinascere” e guardare in modo nuovo ciò che ci accade.
Per questo oggi vi riparlo di Barbara (Mariani) che abbiamo conosciuto tre anni fa. Cliccate qui.
Barbara oggi ha 46 anni, ha ristampato il suo libro, “Aloha Alito di vita, non solo cancro” (Eti) per la sesta volta.
C’è la sua storia in quel libriccino, una donna giovane che si accorge di avere il tumore al seno a 31 anni e poi si riammala a 36 e una terza volta a 39. A quel punto la doccia gelata: l’esame genetico le rivela di avere una mutazione al gene Brca 1 (uno dei geni riparatori dei tumori). Il che significa che “col tumore dovrà conviverci tutta la vita”. Ma Barbara non perde nulla di sè, anzi: acquista forza man mano che le cose si complicano. “Credevo di conoscere tutto di me, poi ho scoperto la paura e dopo anche il coraggio”. Apre un sito barbaramariani.com e trasforma il suo libro in progetto.
Lo distribuisce alle associazioni per sostenere altre cause perché “Aloha significa alito di vita, condividere il proprio vissuto con altri”.
Fra i tanti progetti di Barbara quello di parlare di vita e di malattia in un carcere, visto che la luce può filtrare anche lì dentro, si è detta, chissà che non riesca a far germogliare qualche seme. Detto, fatto. Due settimane fa Barbara era al carcere milanese San Vittore, sezione maschile.
C’è un problema. “Avevo appena saputo di avere un quarto tumore (ancora intervento, ancora terapie, ancora l’angosciosa sensazione di vedersi frantumata) non ho voluto che la scoperta mi bloccasse, mi impedisse di vivere. Mi sono comportata come avevo scelto di essere”.
Ossia come una ricercatrice di senso. Eccola, Barbara, nella biblioteca del carcere a spiegare che “certi geni non si possono (ancora) riparare”, a mostrare che la vita è adesso “e vale sempre la pena di morderla e arricchirla”. Che ogni iniziativa come quella di un libro può far nascere altri progetti via via più ampi, come le onde concentriche dopo un sasso lanciato nell’acqua.
E cosa è successo a San Vittore?
“Non ho mai percepito tanta attenzione – racconta Barbara – a un certo punto un ragazzo si è rivolto alla sala dicendo ‘ma vi rendete conto che noi abbiamo la salute? Abbiamo la vita davanti e siamo noi a scegliere come colorarla e che sapore darle’…”
L’essenziale è filtrato fra le sbarre, aveva ragione Barbara.
E dopo? “Quando mi hanno chiesto dei miei progetti ho risposto che avrei voluto tradurre il libro in inglese per farlo arrivare ovunque. E due detenuti si sono offerti di farlo, il progetto di traduzione è già stato approvato”.
Buon Natale, Barbara, da tutti gli amici del blog.