Così la meditazione ci guarisce
In questa terza puntata sulle Medicine complementari in Oncologia vi presento la meditazione tibetana all’ospedale Bellaria di Bologna, che, da otto anni, è prevista dal sistema sanitario. E il reparto dell’ospedale di Merano, al confine con la Svizzera, che ha fatto dell’ integrazione il proprio cavallo vincente.
Dopo otto anni di prove in via sperimentale, nel 2003 la meditazione tibetana entra nel sistema sanitario bolognese come pratica di equilibrio energetico per malati di cuore e di cancro. All’ospedale Bellaria si medita nel reparto olistico, il piano sopra il day hospital oncologico. A disposizione dei pazienti vi è anche un giardino zen, musico e aromaterapia. È stato Gioacchino Pagliaro, professore di Psicologia clinica a Padova e ora direttore della Psicologia al Bellaria a introdurre la pratica. “Gli studi sugli effetti della meditazione nel processo di guarigione risalgono alla fine degli anni Sessanta. Il cardiologo Herbert Benson ne valutò l’efficacia sui malati di cuore e sui monaci; dimostrò che la meditazione tibetana riduce l’infiammazione genica e agisce sui telomeri (parti terminali dei cromosomi), significa che può modificare l’espressione del Dna”. Cliccate qui.
E cosa avete osservato sui pazienti che praticano?
“Benefici evidenti sull’umore e sulla qualità della vita. Chi impara a meditare gestisce meglio lo stress, contiene l’ansia, riduce i momenti di depressione, migliora la qualità del sonno, è più fiducioso verso le terapie e risponde meglio alle cure. In particolare, si ė osservato che, meditando durante chemio e radioterapia, non diminuiscono le piastrine e i neutrofili. E questo permette di non interrompere le cure“.
Per facilitare la comunicazione medico-paziente e divulgare l’importanza della meditazione nel cammino verso la guarigione, Pagliaro ha messo a punto il protocollo “ArmoniosaMente” formando centinaia di oncologi e psicologi di tutta Italia. “La prima cosa da fare è spiegare la malattia e il percorso di cura ai pazienti dedicando almeno due ore a ciascuno. Agli incontri sono coinvolti tutti gli specialisti: si chiarisce al malato perché nel suo caso sono consigliate certe terapie e non altre, quali possono essere le conseguenze, anche spiacevoli; cosa mangiare; quando e come fare attività fisica. E poi ci sono le 5 lezioni di meditazione, si parte dalla respirazione, si passa dalla consapevolezza e si arriva alla visualizzazione. Gli esercizi vanno ripetuti due volte al giorno, in modo da rendere il paziente capace di meditare da solo”.
Merano
Ci si deve spostare a nord, al confine con la Svizzera, per trovare un’Oncologia che ha fatto dell’ “integrazione” il proprio cavallo vincente.
Cos’è l’integrazione? E in che senso vittoria?
L’ammalato di tumore non è contraddistinto solo dai “marcatori del cancro” (segnali chimici delle cellule maligne) che scorrono con il sangue. E non ha solo “masse” confinate o disseminate fra un organo e l’altro. Convive anche con diverse carenze, del sistema immunitario soprattutto, e poi di quell’insieme di molecole, infinitamente piccole, che concorrono all’equilibrio di un corpo sano.
Le terapie aggressive – tuttora necessarie per l’Oncologia ufficiale – per combattere i tumori, stravolgono ancora di più l’equilibrio del malato impedendogli, spesso, di continuare le cure. O procurandogli disturbi di varia entità, compresi in un’ampia scala di importanza, da leggeri a molto forti.
Ed è a questo punto che si inserisce il lavoro della Medicina Complementare dell’ospedale di Merano. Cliccate qui. Diretta da Christian Thuile, nasce nel 2010 in risposta a un progetto pilota. E dopo due anni e ottimi risultati, diventa istituzionale.
“Il reparto è per tutti i malati che trovano sollievo da agopuntura, fitoterapia, medicina nutrizionale, osteopatia e omeopatia, vi si accede con o senza ticket a seconda della patologia – ci spiega Thuile – Sui malati di tumore usiamo precisi protocolli, risultati di studi. Non possiamo avviare noi i trial, dobbiamo ricorrere a terapie già approvate”.
Cosa prevedono questi protocolli?
“Terapie di supporto, calibrate sul paziente a seconda del suo disturbo con l’intento di migliorargli la qualità della vita”.
Ci riuscite?
“Assolutamente sì. Il risultato più evidente è che non registriamo più le interruzioni delle chemioterapie. Abbiamo pubblicato, nel 2015, uno studio randomizzato sugli effetti della medicina complementare in 275 donne in terapia per tumore mammario, su Breast Cancer Treatment. Cliccate qui. L’approccio al malato è di tipo olistico, guardiamo al benessere generale e non di un organo soltanto. Il mio staff è composto da 8 specialisti che lavorano part time”.
Come arrivano da voi i malati di tumore?
“Con una lettera di accompagnamento da parte dell’oncologo, di questo o di un altro ospedale”.
Qualche esempio dei vostri protocolli.
“Per contrastare la nausea suggeriamo l’agopuntura o prescriviamo lo zenzero. Per la fatigue, la stanchezza cronica da chemioterapia, il ginseng. È importante che a calibrare i dosaggi sia un medico, mettiamo sempre in guardia dal fai-da-te”.
È vero che c’è un antidoto agli effetti tossici del cisplatino?
“Certo, per ogni chemioterapico ci sono sostanze che arginano gli effetti collaterali. Noi proponiamo quelle che hanno più studi e abbiamo visto essere più efficaci. Per il cisplatino prescriviamo il glutatione, (aminoacido impiegato contro l’intossicazione da metalli pesanti) e abbiamo constatato che evita le nevralgie”.
Per l’adriamicina?
“Carnitina o coenzima Q10. Per la ciclofosfamide che può provocare disturbi gastrointestinali, agopuntura e zenzero; per le neuropatie e i danni alle orecchie acido alfalipoico. Poi ci sono svariati enzimi e miscele di fitoterapici da impiegare a seconda delle situazioni”.
L’omeopatia?
“Non la proponiamo noi, ma per chi la desidera è prevista una consulenza con l’omeopata”
È vero che avete la lista d’attesa?
“Sì, le richieste sono raddoppiate rispetto ai primi anni. Cerchiamo di non lasciare in attesa i malati di tumore. Contiamo circa 17mila prestazioni l’anno.