Tubercolosi, 22mila euro a chi si ammala
La tubercolosi (o tisi) era un tempo una malattia gravissima. Agli inizi del secolo scorso rappresentava la seconda causa di morte, diffusa soprattutto fra i ceti poveri. Non vi era nessuna cura se non l’aria pura, una dieta ricca e il sole. Chi non moriva ne sopportava le conseguenze a lungo, isolato nei sanatori.
Provocata da alcuni micobatteri, l’infezione si trasmette per via aerea, attraverso le goccioline di saliva. I sintomi più conosciuti sono tosse cronica, febbre alta e perdita di peso (ma ce ne sono molti altri). Sotto il fascismo venne considerata “malattia sociale”, il regime adottò ammirevoli provvedimenti a favore dei più cagionevoli, ad esempio distribuí sussidi economici per i lavoratori che si ammalavano.
Differenza fra la prima metà del ‘900 e oggi.
Anno dopo anno, in Italia, il numero dei malati si è ridotto enormemente, nonostante i flussi migratori e l’alta contagiosità. L’ Oms parla di 3.600 casi in Italia nel 2014 e di 290 morti fra le persone immunodepresse. E i dati ECDC mettono in luce che il 60% degli infettati è straniero.
“Si è visto che nel 90% dei contagi la malattia non esplode (di conseguenza chi contrae il batterio non rappresenta un pericolo per gli altri) e che soltanto un 10% delle persone infette sviluppa tubercolosi e diventa contagiosa” ha spiegato Stella Egidi, responsabile medico per l’Italia di Medici Senza Frontiere.
Insomma, la Tbc è molto meno frequente di una volta, quando c’è, la si diagnostica in tempo e la si cura (anche se le terapie devono prolungarsi per almeno sei mesi). Sono migliorate le condizioni di vita, si fa profilassi su chi entra in contatto con i malati e i medici sono più preparati.
Inoltre, si calcola che il 10% degli italiani siano portatori sani di Tbc. Si ammala più difficilmente chi è ben nutrito e ha un buon sistema immunitario, “non vi è un bacino geografico privilegiato per la tubercolosi, consideriamo però la povertà un fattore di rischio” ha aggiunto la dottoressa.
Un altro dato: dal 1955 al 2008 l’incidenza è passata da 12.247 casi a 4.418 e il tasso di mortalità è sceso dal 22,5 per 100mila abitanti allo 0,7.
Eppure, la legge fascista a favore degli ammalati di Tbc è rimasta, attraversando indenne i decenni, i governi e i loro scontri. Il benefit, poi, è stato aggiornato al costo della vita ed esteso anche ai non lavoratori, ai migranti senza permesso e ai loro familiari con Tbc conclamata. Oggi chi si ammala di Tbc riceve a occhio e croce 22mila euro a testa. Solo in Italia.
Ha senso questo sussidio, oggi, quando comunque le visite e le terapie sono gratis? E perchè non trattare allo stesso modo le altre malattie? Se lo chiede, fra gli altri, l’infettivologo Fabio Franchi che ci ha spiegato nel dettaglio come è ripartita l’indennità: “Per i primi 180 giorni di malattia si ricevono 2.334 euro, solo in caso di reddito insufficiente. Vi ė poi un’indennità per due anni, pari a 15.782 euro, che viene data a tutti i malati indipendentemente dal reddito. Per tutti ci sono anche l’assegno di sostentamento per due anni (2093 euro), e lo speciale di Natale di 1.340 euro per due anni, più un altro bonus per le feste di 174 euro.
All’Inps confermano e rimandano al sito per le informazioni. Valgono due precisazioni: l’indennità si ottiene solo se si accettano le cure e se si compilano i moduli.
Come vedete da tabella allegata sono 1.320 i malati che ricevono l’indennità giornaliera e 2.604 quella post sanatoriale, più i loro familiari.